Image du Blog confinianima.centerblog.net
Source : confinianima.centerblog.net

03/2011

Scusa per assenza

sabato 26 marzo 2011

| | | 0 commenti
Gentile Lettore ci scusiamo tanto per la nostra assenza di commenti- 16
- Noi molto impegnati - 11
- Poi cambio di staggione fa venire sonno - 27
- Fa anche girare le palle perchè ci siamo resi conto che cambiamo il pelo come i cani - 32
- Qui ci sono dei deficenti che passano tutto il giorno a spazzolarsi il pelo- 48
- Veramente avevamo aperto questo post, per scusarci della mancanza di commenti alle descrizioni poco attendibili del narratore- 16
- Lo scemo per capirci - 48
- La realtà è che non essendoci noi, sinceramente non è che ce ne frega più di tanto-
- Che vergogna queste sono cose che non si dicono- 27
- Noi tergiversando! -
- Comunque scusa caro lettore e fine della comunicazione. Riuscissimo mai a metterci d'accordo su qualcosa -

Malus I, La Vecchia Osteria, 5.

| | | 0 commenti
« Sarà solo un modo di dire, ma temo che tu ci sia anda­ta vicino », disse con un filo di voce Gaby cercando d’alzarsi, « Ho sentito dire, che ultimamente le sette di magia nera si servono dei computer per i loro sortilegi, forse qualcuno si è sbagliato e l’anima di qualche dannato è venuta a trovare noi, invece che la medium » ma la sua osservazione non piacque per niente a Sophie.
« Che scemenza, adesso ci sarebbero persino i fantasmi nel computer. Voi delle facoltà umanistiche vi fate sugge­stio­nare da ogni diceria. Piuttosto, se trovo l’idiota che ci ha fatto questo scherzetto, giuro che lo rovi­no per sette generazioni a venire ».
« Che fai Desirée, lo riaccendi? » domandò spaventata Gaby.
« Certo, altrimenti come scopriamo chi è stato a farci questo scherzo di merda? »
« Aspettate, ascoltatemi un attimo », insistette ancora tremante Gaby « Non è il caso di prendere l’accaduto troppo alla leggera, non dimen­ticatevi che il computer era spento, non si è trattato di uno scherzo, là dentro c' era davvero qualcosa e forse c’ è ancora ».
« Che cavolo vuoi che faccia altrimenti, devo fare esor­cizzare il com­puter? » le rispose scocciata Desirée, poi scotendo la testa aggiunse.
« Assurdo ».
« Dai! Ora va di nuovo », esclamò Sophie entusiasta.
« Voi state giocando col fuoco. Il computer era spento, non vi ba­sta?! »
« No! » le risposero in coro, intanto Desirée digitava nuovamente la strana pa­rola senza otte­nere alcuna reazione.
« Non succede più niente » notò quasi delusa So­phie, difatti, no­nostante i vari tentativi non apparve nulla sullo schermo, il computer assolveva alle sue usuali funzioni in modo ineccepibile. Desirée aprì e chiudesse velocemente una serie di file e finestre per controllare che fosse tutto a posto e lo era.
« No, non c’è più niente, non s’è mai visto un virus che va e viene. Se non altro, il cervellone sembra non avere subito danni. Forse è meglio che andiamo a mangiarci qualcosa e cerchiamo di capire cosa è successo » concluse Desirée spegnendo definitivamente il computer « Lasciamolo riposare un po’ ».
Scesero in soggiorno e si lasciarono cadere nelle poltrone fiaccate dallo spavento che stavano abilmente nascondendo a se stesse. Era preferibile discutere la questione davanti ad una ciocco­lata calda e qualche fetta di torta sfidando con indomito coraggio calorie, diete e demoni vari.
Sophie scelse il divano, che occupò interamente allungando le belle gambe, stava per lamentarsi della copertina di pelliccia spelacchiata poggiata sullo schienale, ma all’ultimo momento si rese conto che era Pirata, il gattone violento di Desirée, che dormiva imperturbato come sempre, per ogni evenienza preferì sistemarsi fuori dalla portata dei suoi artigli.
« C'è chi legge nel fondo di caffè », suggerì a mezza voce Gaby, guardando pensierosa nella propria tazza, Sophie sorseggiando la cioccolatta le fece garbatamente notare.
« Non mi sembra molto razionale ».
Desirée allungò le gambe sulla poltrona che le stava di fronte, spiegando. « Qualche giorno fa, sono venuti a trovarmi due colleghi per confrontare alcuni dati, ho dovuto lasciarli da soli per un certo tempo. Uno di loro ha la mania dell’elettronica, perciò non è da escludere che possano avere installato da qualche parte un semplice di­spositivo, capace di supplire per alcuni istanti alla man­canza d’ener­gia. In fin dei conti non si è trattato che di qualche secondo. Tra l’altro uno di loro non molto tempo fa è stato vittima di uno dei miei diabolici scherzetti ».
« Davvero? », chiese Gaby, evidentemente sollevata. Desirée annuì sorridendo, dal volto traspariva una grande stanchezza, le ore passate davanti al pc avevano lasciato il segno.
« A proposito, stavo quasi dimenticando di dirvi, che mi hanno invita­to ad un’altra di quelle feste molto eleganti che a voi non piacciono, chiedendomi di portare qualche amica, sono quasi tutti giovani manager, quindi mancano le donne », annunciò Sophie cambiando argomento.
« Sophie, sai che non è il tipo di società che ci piace, inoltre all’ultima festa del genere dove ti abbiamo accompa­gnata c’erano soltanto microscopiche schifezzuole molto chic da mangiare ed io sono rimasta letteralmente a digiuno, non ho molta simpatia per l’alta cucina », le rispose Gaby ancora offesa.
« Le tartine con gamberi e caviale non erano male, non trovate? » Obiettò Sophie cercando di salvare il prestigio della festa.
« Se non se le fosse mangiate tutte Desirée, forse ».
Desirée sorrise al ricordo e domandò.
« Ma davvero sembro cafona? ».
« No tesoro, si vede che hai ricevuto un’ottima educazione che per ragione di quotidiana comodità non applichi. In ogni modo non vi sembra di avere superato l’età in cui si va ai ricevimenti solo per mangiare? Ma che sta succedendo là fuori? »
« Finché non s’ingrassa, perché no? Credo che sia Falstaff, che sta nuovamente infasti­dendo il cagnetto della signora Fayette » spiegò Desirée sbadi­gliando.
« Come la odio! », sbottò Gaby, mentre si precipitava fuori verso i rumori sospetti.
« Lascia, forse lo ammazza » le gridò dietro Desirée, ma Gaby era già uscita. Desirée si strisciò stancamente indietro i capelli « Ho studiato troppo, penso che verrò, se non altro per fare qualcosa di diverso ».
Pirata decise finalmente di muoversi, saltò giù dal divano dirigendosi verso la porta, erano anni che dava la caccia a quel cocker, prima o poi l’avrebbe trovato solo.
« Com’è che il tuo gatto è sempre di pessimo umore, che gli fai? », osservò distrattamente Sophie vedendolo avviarsi verso la porta. Desirée rispose con un’alzata di spalla.
« Niente, è solo che vorrebbe comandare lui, ma nessuno gli dà retta, e questo lo manda in bestia e poi ha il suo Harem di otto gatte da difendere, tutte seccature » Sophie ridacchiò.
« Okay, allora passo a prenderti, » e con un sorriso aggiunse « Non mi soffiare gli uomini migliori però.» Ma Desirée sbuffò.
« Quelli non risvegliano il mio istinto di caccia ».
« Dai, che forse qualcuno decente c’è, se non altro non sono dei morti di fame e comunque anche se non lo vuoi ammettere tu ti diverti, è solo che non sono come li vorresti tu.  Ciao ». Desirée alzò le spalle, forse Sophie aveva ragione e mettendo le mani nei capelli brontolò.
« Dovrei anche andare dal parrucchiere, ma no, li lego così non si vede niente » e si lasciò sprofondare nella poltrona.
Dall’esterno intanto giungevano oltre all’abbaiare dei cani anche le voci delle rispettive padrone, sembrava pro­prio che Gaby stesse sfogando lo spavento sulla vecchia ed acida vicina di Desi­rée. Così, quando la lite terminò, la signora Fayette era più inve­lenita che mai, anche se probabilmente d’ora innanzi si sarebbe ben guardata dall’insultare gratuitamente la furia rossa, che prima di andarsene aveva sferrato un sonoro cal­cio al suo adorato cocker, proprio quando la bestiola tentava di morderla a tradimento. Pirata tornò indietro verso il divano, troppo trambusto per potere agire, la cosa lo mise di cattivo umore tanto per cambiare.

Malus I, La Vecchia Osteria 4

mercoledì 16 marzo 2011

| | | 0 commenti
« Un virus! Te l'avevo detto », esclamò Sophie scat­tando a sedere per vedere cosa stesse accadendo.
Dal Monitor era scomparso tutto ed al centro lampeggia­va una strana scritta rossa:  "Uhtfloga".  Desirée fissava a denti stretti con estremo odio lo schermo, quasi stesse ringhiando.
« Ditemi che non è vero! »
« Il bello di questi giochetti è che più uno tenta di eli­minarli, più gli facilita l’ingresso in altri sistemi. Pensa Desirée, molto probabilmente in quest’istante si sta diffon­dendo ad incredibile velocità, distruggendo tutti i dati della memoria centrale, tutto il tuo faticoso lavoro. Il frutto dei tuoi lunghi ed estenuanti studi, il tuo futuro, e tutto il resto possibile ed immaginabile » commentò con fare melodrammatico Sophie potandosi le mani al voluminoso petto, ma l’amica la fulminò con un’occhiataccia.
« Hai finito!», mentre tramite la tastiera tentava di spengere il computer « Maledizione, non si spegne », con rabbia pre­mette l’interruttore, senza ottene­re un risultato migliore.
« Si è bloccato », constatò seccata « Gaby stacca la presa, è vicina a te ».
« Non credo che risolverai molto spegnendo, dato che è ap­parso sullo schermo, molto probabilmente il virus avrà già contaminato il disco fisso », osservò Sophie divenuta infine se­ria.
« Gaby, si può sapere quanto ci metti a staccare quella maledetta presa? », imprecò Desirée.
« Veramente… io ho già staccato tutto quello che si po­teva staccare, anche la radio ».
Desirée non le credette e s’arrabbiò ancora di più, si chinò sotto il tavolo per controllare, poi fissò stupita le altre due.
« Dite, vi risulta che sia stato inventato un virus capace di fare fun­zionare un computer senza corrente? ».
« No, ma riuscendo a trasporre questa caratteristica su un programma normale si potrebbero fare soldi a palate. Un computer che funziona senza corrente è sempli­cemente fantastico », esclamò Sophie venendo ad appurare di persona. « Bellissimo! »
« Ma non riesci a pensare ad altro che ai soldi? », chiese sinceramente sconfortata Desirée, che invece aveva a cuore le sorti del proprio pc.
« Desy, sei sicura che in que­sta confusione non ci sia ancora una qualche presa inserita? » Domandò perplessa Gaby.
    « Credi che non sappia nemmeno quante prese ci so­no nella mia stanza? Qualcuno sa che cazzo significa quella maledetta parola, almeno la smettesse di lampeggiare! Mi snerva, maledizione! ».
« Il fatto che ti sia arrabbiata non giustifica un linguaggio simile, né tanto meno la perdita dell’autocontrollo » le fece elegantemente notare Sophie.
« Se ha distrutto il programma e i dati, sono sei mesi di lavoro che vanno a farsi fottere, posso ricominciare a scrivere la tesi da capo, non so se mi sono spiegata. E tanto per capirci in una circostanza simile io non mi modero per niente, e uso il peggior linguaggio da caserma che conosco. Chiaro? »
« Usa la testa invece e cerchiamo di capire che cosa sta succedendo » le suggerì Sophie restando calma, così Desirée si risedette al computer brontolando parolacce varie.
« Assurdo, devo mettermi a un computer che in teoria do­vrebbe essere spento, che faccio? »
« Non saprei, prova a ridigitare la parola ».
« E' questo il cosetto per fare par­lare il computer? », e senza attendere una risposta, Gaby pre­mette il pulsante, ed il computer cominciò a ripetere con voce metallica e di­storta la parola.
Desirée intanto aveva inserito lo strano nome ed imme­diatamente con gran sollievo delle ragazze la scritta scomparve e lo schermo divenne completamente nero.
« Perché continua a ripetere quella parola invece di starsi zitto, ora che è sparito tutto? », domandò giustamente Gaby alle altre due, che scrutavano sospettose il monitor, dove intanto erano apparsi due piccoli puntini rossi che andavano ingrandendosi. Il computer aveva smesso di sillabare la strana parola, adesso formulava intere frasi con voce sempre meno elettronica e artefatta, sempre più possente.
I due punti continuavano ad ingrandirsi assumendo l’aspetto di due occhi rossi che fissavano intensamente le ragazze. Gli occhi erano molto realistici celavano in sé una viva intelligenza, seminascosti dal manto di un uomo incappucciato che stringeva tra le mani un bastone nodoso, non cessavano d’avvicinarsi, tanto che infine lo schermo non poté contenerne che uno solo. La vo­ce non aveva più niente d’elettronico, ma era divenuta rauca e gutturale, talmente alta da rimbombare per tutta la stanza facendo vibrare i vetri. Falstaff con maggiore prontezza di tutti scappò dalla stan­za.
Le ragazze fecero per seguirlo, ma Desirée nel tentativo di allontanarsi più in fretta cadde dalla sedia; però, così com’era venuto, scomparve tutto, lasciandole attonite e im­mobili a fissare il monitor spento. Sophie, aveva già raggiunto la porta, senza essere riuscita a girare la maniglia, non essendosi accorta che il princi­pale impedimento era costituito da Gaby, che nel tentare la fuga era inciampata su Falstaff e aveva fato chiudere la porta sulla quale era caduta.
La prima a riprendersi fu proprio Sophie, che riassettandosi i riccioli farfugliò.
« Che diavolo era? »

Malus I, La Vecchia Osteria 3

sabato 12 marzo 2011

| | | 0 commenti
« Forse abbiamo entrambe il grilletto troppo facile, ma onestamente penso che sia salutare ». La porta si era im­provvisamente spalancata ed un vivacissimo terrier gigante era schizzato all’interno, saltando subito sul letto tra le braccia di Sophie, mentre la sua padroncina si era fermata sulla soglia.
« Ciao a tutti! Dal luccichio peccaminoso negli occhi di Sophie de­sumo, che state nuovamente parlando di giocat­toli ».
Era minuta e i capelli corti rosso fuoco sembrava­no fatti apposta per marcare il carattere impertinente, conosceva Desirée da sempre, già i loro nonni erano stati amici: due lupi di mare che avevano avuto come ultimo discendente due ragazze, una più ribelle dell’altra.
Gaby atte­se per un attimo una risposta da Sophie, che però era troppo intenta a sottrarsi alle effusioni d’af­fetto di Falstaff, così poggiò a terra lo zaino dai colori forti e dopo avere abbracciato Desirée andò a sedersi su una sedia girevo­le accanto a lei, che con aria allegra le annunciò la novità ben sapendo quale sarebbe stata la reazione..
« Lei ha un nuovo ragazzo, quello d’Ester».
« Ester chi? »
« L’oca che vorrebbe essere d’alta società, non eravate nella stessa classe? », intervenne Sophie che ancora non riusciva a liberarsi dal cane.
« Uh si, ma quella più che un’oca è una serpe, non fa­ceva altro che copiare da me, poi andava in giro raccontando che se non fosse stato per la sua magnifica generosità, sarei stata bocciata. Come l' ho odiata. Mi fa piacere sapere che sei riuscita a fregarle il fidanzatino di sempre. In ogni caso, grande Sophie! ». Sophie invece fu sorpresa da quella reazione.
« Come mai ce l’ hai tanto con lei? Una banale poveraccia ».
« Adesso! Ma avresti dovuto vederla a scuola, ha persino litigato con Desirée » Desirée alzò le spalle indifferente, non era difficile litigare con lei, spiegò.
« Mi ha dato della cafona ».
« Ordinaria, ti ha definito, e non per seminare zizzania ma continua a dirlo. ».
« Ma la storia motorino ha a che fare con lei? » s’informò Sophie.
« Sì, sai » Gaby s’interruppe un attimo per schiarirsi la voce e nascondere la vergogna che quel ricordo le provocava « a scuola c’erano diverse tipe che facevano capo a Ester e si riunivano i gruppetti molto chiusi, vincenti, sembrava che sapessero fare tutto loro. Io all’epoca ero molto affascinata dalla sua combriccola e le chiesi di diventare amiche » Sophie alzò le spalle a significare che la cosa sembrava perfettamente normale, ma Desirée le fece cenno di attendere la fine del racconto, e, infatti « Mi dissero che per diventare dei loro dovevo perdere almeno cinque chili » Sophie strabuzzò gli occhi, tra le tre era lei la più formosa e bisognosa di perdere chili, volendo, ma Gaby era uno scricciolo.
« A quel punto sono rinsavita, mi sono resa conto che stavo tradendo i nobili ideali dei miei padri… »
« Il comunismo, partigiani » l’interruppe Desirée per chiarire la situazione a Sophie.
« Per diventare amica di quattro stronzette snob vestite da puttanelle ed essere accettata dai loro amichetti senza cervello », concluse Gaby.
« Che vi credete che si diventa stronzi da un giorno all’altro, c’è chi comincia da piccolo, quelle erano prove generali per futura discriminazione sociale » s’intromise nuovamente Desirée continuando a scrivere al suo pc.
« E allora che hai fatto? » Chiese sinceramente colpita Sophie.
« Le ho dato fuoco al motorino, o meglio ci stavo provando, perché non è così facile come potrebbe sembrare, quando è arrivata lei e mi ha aiutata. Un botto fantastico ».
« I giochetti col fuoco mi sono sempre riusciti molto bene » commentò orgogliosa Desirée e con un’ alzata di spalle aggiunse « D’altronde mio nonno era riuscito ad incendiare l’Atlantico », Gaby la fulminò con lo sguardo e diede di nascosto un calcio alla sedia spingendola a riprendere a scrivere mortificata al suo pc, cambiò prontamente argomento dicendo.
« Non sai come ti invidio Sophie, tu come figlia di un banchiere non avrai avuto di questi problemi ».
« Fesserie, sono cose che succedono a tutti » intervenne nuovamente Desirée, alla quale lo strisciante classismo dell’amica dava fastidio, era la stessa cosa del razzismo: non era bello.
« Altroché » confermò Sophie « Tu pensa che per liberami delle cattiverie di una stronza del genere, ho dovuto fare andare in bancarotta con delle appropriate soffiate il padre, altrimenti mi avrebbe avvelenato la vita, così si sono dovuti trasferire altrove ». Gaby era rimata a bocca aperta, non avrebbe mai pensato che quel genere di tormento esistesse anche nelle scuole dorate dell’alta borghesia, intanto Desirée commentava.
« Comunque io per quella bravata del motorino ho avuto dei problemi con i miei amici, perché le fiamme hanno annerito il super graffito sul muro del motorino, e loro non lo avevano ancora fotografato. Anche quelli erano mezzi scemi, che aspettavano a fotografarlo? »
« Senti Desirée, hai mai fatto vedere a Sophie le foto di quando eri Punk? » Sophie scosse decisamente la testa facendo volare per l’aria i suoi curatissimi riccioli biondi.
Desirée aprì un cassetto e dopo poco ne trasse fuori una foto, che porse senza troppo entusiasmo a Sophie.
« E tu quale saresti? » domandò lei non riuscendo a riconoscere l’amica tra i tre truci individui raffigurati sulla foto, poi la riconobbe: era quella col tutu nero che sembrava avere incontrato un gatto impazzito semi nascosto sotto la pesante giacca di pelle. Esclamò.
« Quella col tutu », Gaby scoppiò a ridere, stava per dire qualcosa ma un grido di Desirée interruppe la conversazione

Malus I, La Vecchia Osteria 2

giovedì 10 marzo 2011

| | | 0 commenti
« Ciao Desirée. Guarda: ho il calendario completo degli avvenimenti culturali dell’estate! » proruppe Sophie, l’altra si alzò con un radioso sorriso e l’abbracciò, dicendo subito dopo.
« Ciao Sophie, ti spiace se finisco un attimo? »
« No, figurati! Io intanto inserisco i miei impegni sociali, così sapete fin dall’inizio la mia disponibilità ».
« Si vede che stiamo invecchiando, diventa sempre più difficile fare coincidere il nostro tempo libero, siamo donne impegnate ormai », ironizzò l’amica, ma non scalfì lo snobismo di Sophie.
« Ma quale vecchiaia, io sono sempre stata socialmente impegnatissima fin da bambina ». L’altra le lanciò un’occhiata di sincera commiserazione ripensando alle scorribande giovanili e alla totale libertà di cui aveva goduto da bambina, era stata un maschiaccio e in qualche modo si vedeva ancora, per questo precisò con un certo orgoglio.
« Io invece sono sempre riuscita a scansare gl’impegni, l’unica cosa che non sono riuscita ad evitare è stata la scuola, impari presto che non si può avere tutto nella vita ».
« Tesoro, ma che hai fatto ai capelli? » Constatò in quel momento Sophie.
« Niente, un esperimento venuto un po’ male », minimizzò l’altra, Sophie preferì non approfondire di che genere di esperimento si fosse trattato e tornò al futile.
« Ti piace questo smalto? È in tinta con l’abito, esattamente due tonalità più chiare, un capolavoro». Desi­rée diede un’occhiata di sfuggita allo smalto sorridendo in segno d’assenso e a bassa voce continuando a fare scorrere le dita sulla tastiera si complimentò.
« Bel colore, mi piace. Gli smaltini blu mi sono finiti, devo ricomprarli », intanto con aria leggermente indispettita guardava il monitor.
Sophie, distratta da una rivista d’alta moda, si sdraiò comodamente sul letto di Desirée.
« Qualcosa non va? Ti ho fatto sbagliare? ».
« No, no, tu non c’entri. È tutta la mattina che si comporta in modo un po' sospetto ».
« Se continui a crackare programmi ovunque, prima o poi ti ritrovi con un bel virus tipo aids o una bella denuncia, a seconda della sfiga. Quelli della Finanza però in genere sono carini, almeno ci sarebbe un lato positivo nella cosa », rifletté un attimo, forse era più probabile che la finanza un giorno si sarebbe presentata da lei, scosse la testa, meglio la moda del fisco.
« Questo programma l'ho fatto io, cioè l’ho modificato. Comunque non è questo il pro­blema, quello che mi fa arrabbiare è che i dati elaborati corrispondono solo in parte a quello che vorrei, cosa che non riesco a capire e quando io non riesco a capire una cosa… ».
« Non ti sprecare a spiegarmela. Non ho mai capito niente di fisica, gli unici calcoli che mi riescono so­no quelli connessi al denaro, in particolar modo quello che mi entra in tasca. Ti ho detto che sono riuscita ad acca­lappiare Jean-Claude? ».
Desirée intanto si era alzata e sporgendosi sopra la scri­vania guardava dall’ampia finestra.
« Bello! Stanno arrivando Gaby e Falstaff! », poi voltandosi verso Sophie, s’informò incuriosita.
« Come hai fatto a strappare il bamboccio a quell’oca d’Ester ».
« Io sono una persona sportiva, tutto qui. Lei invece non è altro che un’oca possessiva, il ché significa che con una rivale del genere non mi sono divertita più di tanto. Sai alle volte ho pensato che sarebbe eccitante una gara tra noi due ». Desirée sorrise divertita immaginandosi la gara.
« Credi che esista un uomo che valga un’amicizia? Finiremmo col litigare, perché a nessuna di noi due piace perdere, inoltre non mi viene in mente nessuno che potremmo giocarci ».
« Già il tuo ultimo passatempo è stato silurato come dici tu. Tesoro dovresti avere più pazienza: bisogna curare una relazione, o almeno fare finta di farlo. Certo che oggi giorno pubblicano degli straccetti importabili, poi tutte queste stronzette anoressiche che si credono belle! Inguardabili, la morte che veste l’ultima moda, alle volte ci si meraviglia che abbiano ancora gli occhi nelle orbite.» A Desirée non sembrò avere dato fastidio l’ironica allusione dell’amica, per cui rispose allegramente.
« Ma per favore, era uno scassapalle senza eguali, adesso fa anche la vittima, dice che gli ho spezzato il cuore, che mollusco! ». Sophie scoppiò in una risata argentina e chiuse finalmente la rivista, che in qualche modo non l’aveva soddisfatta.
« Come? Non l’hai aiutato a ritrovare la gioia di vivere e a superare le sue paure e problemi con la tua comprensione e la tua abnegazione? Grazie al vostro amore avreste potuto superare tutte le vicissitudini ed ostacoli di questo cattivo e crudele mondo. Non sei andata dove ti porta il cuore! Angelo del focolare che fai non svolazzi? Sarebbe stato così semplice: bastava chiudere intelligenza e dignità in un cassetto e passare il resto dei giorni ad applaudire ogni scemenza che dice l’ebete, è questo che piace agli uomini, se te ne vuoi tenere uno è così che devi fare; l’idolatria» E portandosi al cuore la rivista che teneva ancora in mano mimò i modi delle ragazzine « Oh! Mi ha guardata! », poi riassumendo l’aria distaccata che la contraddistingueva concluse seccamente. « E comunque da quando in qua gli uomini hanno un cuore? », riaprì la rivista, i gioielli non erano male e portabilissimi, specie quelli più costosi. Desirée non poté fare a meno di scoppiare a ridere assistendo a quella sceneggiata, infine commentò.
« Se c’è una particolarità che il mio cuore non ha è l’essere scemo, comunque ne diceva molte d’idiozie. Vada a rompere l’anima a qualcun altro. Accidenti, questo coso ricomincia a fare storie, forse è il caso di spegnerlo e continuare domani. Uno i ragazzi sé li tiene per divertirsi non per farsi assillare e angosciare dalle loro paranoie, ma che scherziamo! »

Malus I, La Vecchia Osteria 1

sabato 5 marzo 2011

| | | 0 commenti
Nel frattempo in un misterioso mondo molto lontano dal nostro, in un luogo chiamato Normandia, era una bellissima giornata primaverile inondata di Sole e traboccante di fiori dai colori più svariati.
Una scattante decappottabile rosso fuoco risaliva spedita la stradina, che si snodava serpeggiando lungo il fianco della collina cosparso di graziosi villini bifamiliari.
La vettura si fermò con una sonora frenata in fondo alla strada senza uscita davanti ad un pittoresco vecchio edificio, che sembrava sopportare con stoica rassegnazione il peso dei secoli. Abeti altrettanto vecchi lo sovrastavano proteggendolo con le fronde scure dal vento freddo proveniente dal vicino mare che si apriva immenso oltre il dorso della collina.
Era una romantica dimora d’altri tempi, si distingueva dalle circostanti villette di nuova costruzione per le forme irregolari marcate dai massicci bloc­chi di pietra dei muri e dal pesante tetto di paglia, i tanti fiori sui davanzali e nel giardino antistante le conferivano un’aria briosa. Gl’infissi erano stati verniciati di blu accesso, quasi a volere imporre un tono di modernità al vecchio edificio per mantenerne l’estetica al passo coi tempi. Accanto al cancelletto d’entrata, seminascosta da grossi cespugli di rododendro in fiore, era stata fissata la vecchia insegna di una locanda sulla quale si riconosceva a malapena un vecchio veliero sbiadito e un invitante boccale di birra, in passato aveva invitato i passanti ad entrare nella locanda, ora era stata declassata a qualcosa di simile ad un nano da giardino.
Dalla vettura scese un’elegante ragazza con indosso un attillato tailleur azzurro sgar­giante che evidenziava più del dovuto il fisico prorompente. I riccioli biondi, illumi­nati dai raggi del Sole ancora freddi, ri­splendettero un attimo prima di scomparire all’interno dell’ abitazione, dove entrò senza bussare.
« Buongiorno Sophie! Desirée è di sopra », la salutò al suo arrivo una voce calma e posata che sembrava prove­nire dal lato opposto della casa.
La ragazza si fermò sorpresa nell’ampio vano, che in passato era stato una locanda e oltre al vecchio bancone ne conservava ancora il caratteristico fascino, tentò di capire dove fosse la padrona di casa e come avesse fatto a vederla, poi però, senza dare ulteriore peso alla questione, si limitò a rispondere al saluto e salì in fretta i ripidi gradini che portavano al piano superiore dove risuonavano le note graffianti di Purple rain di Prince.
Giunta a metà corridoio, aprì una pesante porta cigolante e d’un tratto l’intero scenario intriso di rassicurante romanticismo scomparve, nasco­sto da un imponente schiera­mento di computers disposti su una lunga scrivania che prendeva tutta la larghezza delle finestre a piccoli riquadri che si affacciavano sulla valle sottostante. Da quella posizione non si vedevano i tetti delle moderne villette, lo sguardo poteva spaziare libero sui boschi antistanti, mostrando un panorama che non doveva essere cambiato molto negli ultimi secoli.
Davanti ad un grande schermo a cristalli liquidi, sedeva una ragazza dalla folta chioma scura disordinatamente raccolta sulla nuca da un vecchio mollettone a forma di farfalla con tanti sbrilucichini colorati, che si affrettò a fare sparire per evitare imbarazzanti commenti da parte dell’amica sofisticata. La sua bellezza non era prorompente, i lineamenti erano delicati e regolari, si sarebbe detto un volto comune, se non fosse stato per gli straordinari occhi grigio-blu dalla luce intensa sui quali le lunghe ciglia gettavano un’intrigante ombra. Nel complesso aveva un aspetto tranquillo: alta, vestiva con semplicità, vecchi jeans e un maglioncino slabbrato viola.
 Le due ragazze erano amiche da tempo, si erano conosciute alla scuola di danza, dove erano state mandate Desirée per ingentilire i modi da maschiaccio e Sophie per semplice convenzione sociale, una aveva scelto danza classica, l’altra moderna. Sophie però dopo poco si era resa conto che il detto “Il tempo è denaro” non è solo un modo di dire, ma la pura realtà, e la danza le sembrò oltre che una perdita di tempo anche di denaro, così ancora prima di raggiungere la maggiore età concentrò i suoi interessi sull’azienda di famiglia: la banca, promettendosi di diventare uno dei più giovani e promettenti banchieri che la sua famiglia avesse sfornato negl’ultimi tre secoli di attività, era subito aumentata di qualche chilo, ma era cresciuto in modo esponenziale anche il suo conto in banca.
In modo simile aveva smesso anche Desirée, probabilmente influenzata dall’amica. Il distacco era stato più graduale, ma simile, era cominciato con l’esclusione dal saggio perché troppo alta, per consolarla il nonno l’aveva portata con sé in mare, risvegliando in tal modo tutt’altri interessi, finché un giorno si accorse che c’erano cose che l’affascinavano di più come la fisica e l’ingegneria navale, e così accadde che l’armonia dell’universo prendesse il posto degli accordi musicali e gli scritti di Einstein sostituissero Tchaikowsky lasciando ad un vecchio armadio le eteree nuvole di tulle che l’avevano accompagnata fino ad allora
La passione era tale da farla sprofondare completamente nello studio, così che ogni tanto bisognava andare a tirarla fuori dal suo covo, come stava appunto facendo Sophie.
Del comune sogno della danza non era rimasta che una grande foto in bianco e nero in cui non sembrava nemmeno lei, tra l’altro appesa alla parete dalla madre. A Sophie quella foto piaceva molto, perché le ricordava una frase detta dall’ amica in un momento di malumore: “ Come ragazza ti affacci al mondo in punta di piedi in abiti candidi, poi però ti accorgi che devi comprarti gli scarponi chiodati e prendere il mondo a calci in culo”, condivideva a pieno quell’impostazione, anche se agli scarponi preferiva uno stuolo di avvocati strapagato: fanno più danno. Forse entrambe non erano riuscite a perdonare al mondo di avere spezzato i loro sogni di adolescenti e averle fatto smettere di danzare.

I nostri specchi funzionano molto bene

| | | 0 commenti