Image du Blog confinianima.centerblog.net
Source : confinianima.centerblog.net

04/2011

Malus I, Segreti in cantina, 4.

lunedì 25 aprile 2011

| | | 0 commenti
Le altre due si stavano già arrampicando sulla torretta, affrettò il passo e si trovò a passare accanto ai due pezzi d’artiglieria antiaerea, che visti da vicino le sembrarono giganteschi, ne urtò uno facendolo ruotare di poco, vedendoli così mobili, quasi fossero vivi, si spaventò e si precipitò dalle amiche, che raggiunse solo all’interno del sommergibile, dove erano comodamente sedute ai posti di comando a sorseggiare cognac e chiacchierare serenamente, quasi fosse il salotto di casa.
« Incredibile… », disse guardandosi intorno.

Il sommergibile sembrava non essere mai stato abbandonato, era come se stesse aspettando l’equipaggio per salpare. Solo alcune parti in ottone lucidato a specchio e le spartane poltrone di pelle lasciavano trasparire uno stile passato. Le apparecchiature erano in funzione e segnalavano una serie di dati a lei incomprensibili. Vi era stata apportata qualche modifica, come indicavano alcune apparecchiature evidentemente nuovissime e d’alta tecnologia.
« In pratica mio nonno si è trovato nella posizione di chi vince tutte le battaglie, ma qualcun’ altro perde la guerra », le spiegò Desirée.
Sophie era ancora senza parole.
« Come in Caccia ad Ottobre Rosso appunto», precisò Gaby.
« Sì, ma se non ricordo male Ottobre Rosso alla fine viene consegnato agli americani ». Desirée corrugò la fronte, l’idea della consegna le dava l’orticaria.
« Questo U-boot è stato ufficialmente affondato come tutti gli altri che rifiutarono l’umiliazione della resa sotto l’onta della bandiera pirata imposta dagl’Inglesi. E poi che c’entra? I generali quelli che stanno per terra, com’ è che si chiamano… non hanno mica restituito i carriarmati, li hanno semplicemente lasciati in giro. Qui abbiamo fatto la stessa cosa. Cosa c’è che non va? », domandò Desirée.
« Come ragionamento, non regge molto ».
 Desirée da accanto alla poltrona prese una bottiglia di cognac e riempì una coppa per l´amica, mentre Gaby aggiungeva con malizia « Suo nonno aveva ricevuto un’offerta migliore», scoppiò a ridere « O meglio, l’offerta fu fatta da una personcina molto attraente ». Sophie non era ancora del tutto convinta, e prendendo la coppa disse.
« Questo è furto e tradimento » e indicandole aggiunge « Da entrambe le parti ».
« A chi? » il tono di Gaby era decisamente impertinente « Ad uno stato che non esiste più? Questo è stato un risarcimento per danni fisici e morali, mai sentito parlare di danni di guerra? » e rivolta a Desirée aggiunse « Visto che non avrebbe capito? »
Il volto di Desirée si era fatto scuro, fissava il cognac che ondeggiava nella sua coppa vetro.
« Ancora non è entrata nella giusta ottica e comunque nessuno nella mia famiglia ha mai tradito », intanto Gaby precisava con eccessiva emozione.
« Ehi! Questo all’epoca era un gioiellino veramente prezioso, consegnarlo avrebbe significato darlo agli Inglesi! Stai scherzando? Stava in acque francesi, quindi era francese. Col paese alla fame, non si fanno regali agli stranieri ». Desirée invece, aveva preso proprio male l’accusa di tradimento e aveva messo il broncio.
« Nessun uomo libero è tenuto a seguire un capo indegno e vile, è una vergogna. È dagli albori del Medioevo che siamo stati uomini liberi e volendo anche prima, perché nemmeno i Romani sono riusciti a conquistarci e dovremmo sottostare agli ordini di un imbianchino austriaco d’estrazione proletaria? Ma stiamo scherzando? » represse un brivido di disgusto, bevve il cognac come per togliersi il sapore spiacevole dalla bocca.
« La stessa parola Franchi significa liberi », aggiunse Gaby confondendo leggermente le parti belligeranti.
« Qui non si capisce chi di voi due stia farneticando di più », volle puntualizzare Sophie, ma fu interrotta da Gaby che con voce un po’ più pacata tentò di rispiegare il loro punto di vista.
« Ricorda che fratellanza ed uguaglianza, non sono parole dette a caso, ma sono la base inalienabile d’ogni rapporto umano senza il quale non si può vivere. Per questo, i nostri nonni alla fine si sono trovati sulla stessa lunghezza d’onda ed hanno trovano un accordo civile ed umano, prima e meglio delle autorità statali, che tra l’altro in quel momento erano venute meno, fermo restando i miei dubbi sull’utilità dello stato padrone ». Sophie sbuffò.
« Perché devi sempre ideologizzare tutto, non puoi trovare una spiegazione ideologica per il fatto che vi siete fregati un U-Boot ». Desirée alzò le spalle dicendo semplicemente:
« Serviva ».
« Vedi, questo ha più senso, perché devi sempre polemizzare su tutto? » riprese Sophie rivolta a Gaby.
« Lei mente meglio, tutto qui » concluse Gaby mettendo il broncio.
« Quindi », disse riassumendo Sophie « Se ho ben capito nel dopoguerra per sfuggire alla fame questo paese si è dato al contrabbando e la locanda serviva da copertura per il via vai di gente ».
« Mica solo nel dopoguerra, sono secoli che va avanti questa storia», precisò Desirée con una punta d’orgoglio, aggiungendo « C’è sempre stato bisogno d’arrotondare le entrate ».
« Certo, da quando esiste un potere centrale ladro e padrone, che per inseguire interessi capitalisti impedisce il libero scambio di merci tra popoli amici e soffoca ogni forma di commercio solidale. » intervenne con enfasi Gaby.
« Forse sarebbe più preciso dire, da quando c’è gente che non si fa i fatti suoi e pretende di ficcare il naso negli affari degl’altri », puntualizzò più onestamente Desirée.
« Ragazze a costo di deludervi, ma il contrabbando non è commercio solidale ».
« Come no: solidale con noi stessi, mi sembra più che giustificato, è amicizia tra popoli come giustamente dice Gaby », obiettò Desirée senza riuscire a nascondere un leggero sorriso di impertinente compiacimento.
« In caso di nuovo conflitto internazionale o grave crisi economica Desirée riaprirà la locanda », spiegò Gaby alzando il bicchiere per un brindisi, Desirée rispose alzando il suo.
« Anche perché ho ancora i magazzini pieni di superalcolici, non ne posso più di biscottini al rum, torta al rum, crema al rum, arrosto al… ».
« Basta! Abbiamo capito. Vuoi vedere il resto?» chiese Gaby alzandosi per interrompere la litania di Desirée che rischiava di diventare lunga, Sophie annuì e la seguì.
Appena furono uscite, Desirée si alzò e raggiunse la scaletta che portava all’interno della torretta dove si trovava il posto di comando in combattimento. Quel vano forse più di ogni altro era stato invaso dall’alta tecnologia, tre schermi a cristalli liquidi, più uno che dava la posizione tridimensionale dell’U-boot, erano stati sistemati nei pochi spazzi lasciati liberi dagli strumenti, molti dei quali erano stati rimossi e sostituiti con apparecchiature più moderne, tanto da fare somigliare il ponte di comando più all’interno di un’astronave che a quello di un attempato sottomarino.
Desirée si sedette sul seggiolino scricchiolante, allungò la mano sulla tastiera che stava alla sua destra e digitò nuovamente la parola misteriosa. Il ponte s’illuminò leggermente, su uno schermo trasparente, che le stava di fianco, presero a scorrere cartine di terre lontane percorse da brevi guizzi di luce.
La ragazza le osservava impassibile, solo una sottile ruga sulla fronte lasciava trasparire i suoi pensieri. Si sporse e con un tasto accese il quadro di comando poco più in basso, poi digitò velocemente qualcos’ altro sulla tastiera, continuando a tenere d’occhio lo schermo. Le attrezzature stavano assorbendo una grande quantità di dati, quando il turbinio di segni rallentò, disse tra sé a bassa voce « Da personcina educata bisogna rispondere ». Nuovamente le dita si mossero sulla tastiera. Le immagini dello schermo ebbero un sussulto e come risucchiate, presero a mostrare a volo d’uccello paesaggi a gran velocità, per terminare in una distesa di ghiaccio che specchiava una luce accecante spegnendosi improvvisamente in un’esplosione di fuoco.

Buona Pasqua a tutti

| | | 0 commenti

Malus I, Segreti in cantina 3.

lunedì 18 aprile 2011

| | | 0 commenti
« Altre scale! Per chi mi hai preso ». Desirée era andata avanti ed aveva acceso la luce. Le scale con i gradini dissestati proseguivano, ma la galleria ad una decina di metri da loro finiva in un’ampia caverna. Gaby aveva ripreso il racconto.
« Beh! È una storia molto romantica, volendo… Il nonno di Desirée s’innamorò della nonna ed il villaggio …»
« Del nonno ufficiale gentiluomo » volle concludere Sophie, ma Desirée che le stava davanti la corresse « No, non del nonno, di questo » indicando ciò che si trovava all’interno della caverna. Sophie si voltò verso la luce, da prima riuscì a prendere atto solo di una grossa massa grigia, ma quando la mise bene a fuoco non credette ai propri occhi, esclamando incredula.
« Mio Dio! Ma è pazzesco! », guardò meglio, non era possibile, eppure aveva di fronte un sommergibile tedesco della seconda guerra mondiale in perfetto stato di conservazione, che galleggiava placidamente ormeggiato nel piccolo porto sotterraneo. Prendeva sia in altezza, sia in lunghezza quasi tutta la grotta. Rispetto ai sottomarini moderni aveva uno scafo sottile ed allungato che lo faceva apparire quasi elegante, nonostante fosse fermo ed in evidente disarmo incuteva un inconscio e cupo timore, cui contribuivano i grossi pezzi d’artiglieria che armavano la torretta, ancora minacciosamente puntati verso l’alto, contro un nemico che aveva vinto la guerra e si era dimenticato di loro. Alle funi d’acciaio erano fissate delle bandiere, strane bandiere: una francese, una tedesca e ben due grandi bandiere della pace, evidente sforzo di Gaby per bilanciare altri simboli molto negativi.
Le due amiche la stavano guardano con occhioni innocenti, pieni d’orgoglio.
« Bello vero? », chiese a conferma Desirée.
Sophie era ancora senza parole.
« Una mattina lo videro affiorare dalle gelide acque a causa di un guasto al sistema d’aerazione e fu subito amore ». Gaby adesso era estremamente orgogliosa di poterle mostrare il loro segreto.
« Ma come si fa? È un sommergibile nazista », questo era inequivocabile date le grandi svastiche e croci bianco nere ben visibili sullo scafo insieme alla scritta U-933 la sigla del sommergibile.
« U-Boot », la corresse Desirée « U-933 detto Prinz Eisenherz è un pezzo unico, appartiene al tipo VII/c 41, ma ha tante modifiche da essere quasi un c 42, il prototipo mai realizzato. Ha uno scafo doppio, in teoria potrebbe raggiungere i 400 m. di profondità, quasi come i sommergibili d’oggi e una notevole capacità di fuoco di ben quattordici torpedo. Il motore a diesel è stato un po’ aggiornato, sai andava troppo piano », scese saltellando verso il molo, dove prese una lunga tavola che appoggiò al sottomarino per salirvi. Gaby intanto con un accenno d’imbarazzo tentava di giustificare il fatto a Sophie, che ancora non riusciva a capacitarsi.
« Devi capire Sophie, che quelli erano tempi molto inquieti ed insicuri, non si poteva sapere cosa sarebbe successo, per questo era meglio stare in guardia e premunirsi contro il peggio » continuò Gaby « Qui nessuno ha restituito le armi dopo la guerra ».
« Hai finalmente capito, perché da queste parti nessuno vende casa? Hanno le cantine piene d’armi, che non sanno più come eliminare ». Strillava Desirée dal sottomarino, aggiungendo con vanto.  « La mia cantina è la più bella », e presa dall’entusiasmo si mise a ballare, facendo rimbombare cupamente l’acciaio dello scafo. Sophie guardandosi intorno stupita, raggiunse il piccolo molo ingombro di bidoni e attrezzature varie coperti da grandi teloni incerati, si fermò sbalordita a guardare l’U-boot ancorato davanti a lei.
« Sono 67 metri di sottomarino, non è tanto già all’epoca ce n’erano di molto più grandi, ma questo è micidiale. », continuò Desirée, adesso imitava Shakira, sbagliando però i passi come notò l’occhio esperto di Sophie.
« Ma che senso ha? Dopo tanti anni. Questo enorme coso è bello, ma potrebbe andare bene solo per un museo navale, se davvero dovesse succedere qualcosa, che ci fai con questo? È un rottame » l’indignazione e l’offesa furono comuni.
« Non ha un filo di ruggine », protestò energicamente Gaby, mentre saliva sdegnata sul sommergibile, Desirée invece la guardava con un intimidatorio sorriso sulle labbra, a guardarla bene aveva qualcosa di tedesco, ferma su suo U-Boot a puntualizzare.
« Questo coso non è mai stato sconfitto da nessuno. Non sa cosa sia la sconfitta, né tanto meno la ruggine, non riesce nemmeno ad immaginarsela. Dai sali » e corse via ridendo insieme a Gaby.
Sophie, ancora poco convinta, passò con una certa prudenza sulla tavola e titubante mise piede sul sommergibile, si guardò intorno « È immenso, aspettatemi! ».

Malus I, Segreti in cantina 2.

sabato 9 aprile 2011

| | | 0 commenti
« Scusate, che fate in giardino al buio? »
« Noi? Tu! »
« Ho litigato col mentecatto, o meglio, inizialmente volevo fare una passeggiata romantica tra gli alberi fino alla scogliera, ma abbiamo litigato».
« Guarda, che la scogliera di notte è estremamente pericolosa », Gaby non aveva ben gradito quella sorpresa, Desirée la fissava indispettita, ma per altri motivi.
« Non dirmi, che ti stavi infrattando nel mio giardino? » le domandò a denti stretti, era molto gelosa delle sue cose.
« Giardino! Sono un paio d’ettari.»
« Tu hai casa tua! »
« Qui è più romantico! » Gaby, si era piazzata accanto a Sophie con le braccia incrociate sul petto in segno di sfida e la guardava con estrema diffidenza.
« E perché avreste litigato? »
« Voleva mangiare! ».
« A quest’ora? », Desirée scosse la testa e si voltò proseguendo il cammino interrotto. Intanto Sophie spiegava con voce alterata dall’ira.
« Io gli ho detto, che l’unica categoria d’esseri viventi che mangia a quest’ora, sono i gatti randagi che svuotano i bidoni della spazzatura e che avrebbe potuto unirsi a loro. Quello è stato viziato! Ehi! Ma dove vai? »
« Per l’amor del cielo Gaby, falle giurare tutto quello che vuoi, ma dille dove stiamo andando.». Fu il secco ordine di Desirée, Gaby invece sibilò.
« Tu non ci puoi venire con quell’abbigliamento ». Sophie sollevò l’abito lungo mostrando le scarpe basse, le aveva messe per non sembrare troppo alta accanto al nuovo ragazzo, annodò su un fianco i lembi dell’abito, che in realtà servivano solo da contorno a due vertiginosi spacchi, allargò le braccia con un sorriso, così poteva andare ovunque.
Desirée intanto aveva raggiunto una piccola casetta di legno, che fungeva da ripostiglio degli attrezzi e stava tirando su una pesante botola dal pavimento, mettendo in vista delle strette scale.
« Ancora non mi avete detto dove stiamo andando », disse Sophie raggiungendola di corsa.
« Ho un altro computer più potente. Certo che gli uomini non sono più quelli di una volta, comincio a pensare che quella del sesso forte sia una leggenda metropolitana » si limitò a dire Desirée, e mentre scendeva i primi gradini in pietra, aggiunse. « L’ultimo chiuda, che c’è corrente ed io di spifferi stasera ne ho presi più del dovuto ».
Sotto la botola si apriva una stretta galleria interamente scavata nella roccia e scarsamente illuminata da vecchie lampadine che penzolavano dalle pareti tenute da vecchi chiodi arrugginiti, scendeva con una leggera ma costante rotazione verso il basso. Durante il tragitto Sophie non fece altro che giurare e rigiurare fedeltà e silenzio eterno, ottenendo in cambio da Gaby solo terribili minacce.
La galleria finiva in un’apertura buia.
« Questo è il mio pozzo, visto da metà altezza », spiegò Desirée, indicando in alto la bocca del pozzo dalla quale filtrava una tenue luce.
Desirée si calò per prima all’interno, poggiando i piedi su di un piccolo rialzo posto più in basso, scese aggrappandosi alle sporgenze della pietra ed a dei perni di ferro inseriti tra i blocchi. Percorso un metro, con un salto scomparve all’interno di una stretta fessura, riapparendo poco dopo, per fare luce alle amiche. Sophie, meno agile, superò il vuoto solo per un pelo, giunta nella seconda galleria ansimante per lo spavento e giustamente indispettita, sbottò « Mi volete dire per quale caspita di motivo sto rischiando la vita? »
« Te lo deve dire lei », sentenziò Desirée.
« Perché io? » domandò Gaby sorpresa.
« Ma, se non me lo dice? » Sophie cominciava a mostrare segni di disperazione.
« Perché è xenofoba ».
« Che faccia tosta! Questo è quando si hanno i sensi di colpa… Io sono per l’amicizia tra i popoli e…» rispose Gaby.
Sophie perse la pazienza e con le braccia appoggiate sui fianchi, dall’alto della sua mole giunonica le intimò.
« O me lo dici, o me lo dici », Gaby sbuffò rassegnata.
« D’accordo, come sai c’è stata la guerra mondiale », ripresero a camminare seguendo la galleria questa volta più ampia.
 Desirée apriva la fila intonando allegramente una canzonaccia pirata.
« Quindici uomini, quindici uomini sulla cassa del morto oh oh oh e una bottiglia di rum. Il vento e il diavolo l’han portata in porto. Oh oh oh e una bottiglia di rum».
« Allora, si parla spesso dello sbarco in Normandia, ma raramente vi s’include anche l’operato eroico e essenziale della Resistenza, senza il nostro lavoro qui non sarebbe riuscito a sbarcare nessuno. Vi fu un vero movimento popolare, tutto il paese era unito contro gli schifosi nazisti. Nei film questo è spesso taciuto, perché ormai si è imposta la glorificazione del sistema consumistico, l’esaltazione del capitalismo americano; sono solo propaganda di sistema».
« Guardami Gaby tesorino », l’interruppe con voce ammaliante Sophie.
« Io sono la personificazione del capitalismo e sono tanto felice ».
« No, del consumismo », ma Desirée le interruppe « Non vi siete ancora scocciate delle vostre inutili dispute politiche? Non se ne può più ».
« Tu piuttosto da che parte stai? » le domandò Sophie che stava veramente perdendo la pazienza.
« Penso che le ideologie siano state inventate per spingere i poveri fessi a farsi ammazzare per fare avere il potere a chi non ha fatto niente, insomma una colossale presa per il culo. E poi che significa da che parte stai? Ma perché uno si deve per forza schierare? », fece una piccola risatina e riprese a cantare « Quindici uomini…».
« Hai ragione tu, niente politica altrimenti qui non si finisce più » concluse pragmaticamente Sophie.
« No future. Temo che la fase punk che ha avuto qualche anno fa, non sia ancora del tutto passata, è meglio non sapere cosa le gira nella testa ora. Allora dato che non si può evitare, vengo al punto » continuò Gaby « Devi sapere che tra i sanguinari oppressori c’era anche il nonno di Desirée ». Questo Sophie non se lo sarebbe mai aspettato.
« Come mai? Era un collaborazionista? ».
« No, non collaborazionista, nazista » corresse Gaby.
« Tedesco, non nazista, sono due cose diverse, è come dire russo uguale comunista. Che c’entra? » strillò di rimando Desirée.
« Voi mi state facendo venire il mal di testa, da dove spunta questo nonno straniero? » intanto continuavano a scendere e Desirée, sempre cantando, aveva preso a guardare con attenzione la parete sinistra.
« Dall’invasione, ma mi stai ascoltando? Bisogna però riconoscere che era una persona leale. Sai alcuni di quelli lì avevano di quelle manie d’onore militare, onestà etc. insomma era all’antica, così pur essendo un nemico riuscì a farsi rispettare, era un ottimo ufficiale di marina ».
« Hai presente il film “Caccia a Ottobre Rosso”? Qualcosa di simile » specificò Desirée, che si era fermata vicino ad un blocco di pietra e cercava di spingerlo, le amiche l’aiutarono e le pietre si mossero aprendo uno spazio sufficiente a farle passare, ma ancora una volta Gaby sbarrò il passo a Sophie.
« Queste caverne nei secoli passati sono servite a pirati e contrabbandieri. Nei momenti di carestia da queste parti non restava altro da fare. Nessuno ha mai saputo che in questo trasognato paesino fu saltuariamente praticata la pirateria, per questo è molto importante che tu non dica mai niente di questi posti, ne va della rispettabilità della nostra storia », specificò Gaby prima di lasciare passare Sophie, che mise una mano sul cuore sollevando l’altra in tacito segno di giuramento, così poté varcare finalmente la soglia segreta.

Malus I, Segreti in cantina 1.

sabato 2 aprile 2011

| | | 0 commenti
Segreti in cantina


Era ormai notte fonda quando Desirée rincasò. La strada era profon­damente immersa nel sonno, fatta eccezione per un simpaticissimo cocker, che si mise ad abbaiare furiosamente svegliando tutti, come se fosse in atto chissà quale invasione nemica, invece era semplicemente lei che rientrava a casa sua, chiedendosi perché il suo gattone invece di dormire, non la facesse finita con quella bestiaccia. Si lasciò cadere sfinita sul letto, la testa le ronzava un po’ per la stanchezza e gli alcolici, inavvertitamente gli occhi si posarono sul moni­tor spento e silenzioso come una sentinella nella pallida luce della luna che entrava dalla grande finestra. Le ripassarono in mente le scene del ricevimento mediamente gradevole ma, come previsto, inutile, per fortuna il buffet era stato sostanzioso e i vini pregiati, però eccessivamente freddi, forse erano stati tenuti troppo all’aperto, e anche lei, non era ancora stagione per serate sulle terrazze panoramiche, frivolezze da sciccosi tediati come diceva a ragione Gaby, che si era guardata bene dal venire.
Scosse la testa: gente noiosa, si alzò per andare a struccarsi, pas­sando davanti allo specchio per un attimo rimirò soddisfatta la propria figura, era slan­ciata, il corpo flessuoso e le curve ben accentuate nei posti giusti, l’abito molto semplice, un tubino di velluto nero le calzava a pennello, dandole quel tono di classe cui non era abituata nella sua quotidianità, avrebbe dovuto abituarsi, stava diventando una giovane signora, ma forse c’ era ancora qualche anno di tempo. Niente male le lunghe gambe con i tacchi alti. Sorrise al ricordo del tempo in cui temeva di rimanere un brutto anatroccolo ed essere un cigno solo nella danza. Sciolse i capelli, che le ri­caddero sulla schiena folti e scuri, oltre la sua immagine lo sguardo trovò di nuovo il compu­ter, una leggera ruga segnò la fronte. Buttò le scarpe in un angolo e si scompigliò i capelli per liberarli dalla fastidiosa piega, rivolse i grandi occhi allo specchio in modo da ammirarli in tutta la fatalità con cui così spesso si era divertita a giocare, ma anche qui vi notò riflessa l’immagine del monitor.
Tornò indietro e lo accese, digitando immedia­tamente la pa­rola e quando, anche questa volta non accadde niente, cominciò a diventare impaziente. Velocemente le dita si mossero sulla ta­stiera scrivendo rapidamente come suo solito, ades­so riapparve la misteriosa scritta, brillò alcuni istanti sullo schermo per svanire subito dopo, facendola imprecare.
« Maledizione! », scattò in piedi arrabbiata per non avere avuto il tempo di impedire che scomparisse, rima­se ferma al cen­tro della stanza fissando il monitor con sguardo di sfida.
Strinse i denti e prese a girare per la stanza come un animale in gabbia mordicchiandosi nervosamente le dita. In quell’istante squillò il cellulare, era Gaby.
« Ciao, sai stavo pensando che se non è stato uno scherzo, forse l’altro tuo pc… potrebbe avere registrato qualcosa, ».
« È quello che stavo pensando anch’io ».
« Sono sotto casa tua, salgo? ».
« Aspetta, scendo io. Ciao ».  S’infilò velocemente dei lunghi calzettoni e gli anfibi sempre pronti accanto al letto, mise la vecchia giacca di pelle nera a tre quarti dalla quale aveva tolto quasi tutte le borchie ma non la scritta sbiadita “ No future” e presa la prima sciarpa che trovò, scese ad aprire all’amica che l’attendeva impaziente alla porta, era in Jeans e un pesante maglione slabbrato fatto a mano, per proteggersi dalla brezza notturna aveva attorcigliato intorno al collo una coloratissima e lunghissima sciarpa.
« È tutto il giorno che ci penso, ma non l’ ho detto prima perché c’era Sophie », proruppe appena la vide, Desirèe invece rimproverò.
« Quando pensi che possa diventare uno dei nostri? È nata qui, mi pare, inoltre è nostra amica da molto tempo ».
« Che c’entra, non è del posto e certe cose non può capirle. Viene da una famiglia di banchieri parigini, che vuoi che capiscano quelli », Desirée in risposta alzò le spalle chiedendosi, se le obbiezioni di Gaby potessero avere un qualche valore effettivo o se fossero semplicemente antico odio di classe o pregiudizio ideologico.
« Devi smetterla di attaccarla sempre, sai benissimo che è in gamba e che non è colpa sua se è di famiglia perbene, se è per il tuo comunismo ad essere coerente dovresti avercela anche con me, dato che ho sangue nobile, non molto ma c’è »
« Sì, ma non perbene » Desirée dovette sorridere per la testardaggine dell’amica, chiedendosi cosa intendesse con ”per bene”.
Chiacchierando girarono intorno alla casa, passando accanto al gigantesco garage che in passato era stato una rimessa per carrozze e fienile, arrivate in prossimità d’alcuni grandi abeti dove il viale si faceva più scuro e incerto, accesero le torce elettriche dirigendosi verso il boschetto che si estendeva immediatamente dietro casa.
Un improvviso rumore alle loro spalle le fece trasalire, si voltarono di scatto, il fascio di luce delle torce illuminò i riccioli biondi di Sophie