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06/2012

Riflessioni: Oriana Fallaci

martedì 26 giugno 2012

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Oggi in troppi pensano di potere sostituire la propria dignità con la posizione sociale
o la prepotenza del potere, e non si rendono conto di quanto siano ridicoli agli occhi di chi li guarda.
Di quanto grande possa essere la dignità di chi non ha potere o presenza sociale, ma solo se stesso ed il rispetto di se stesso e degli altri.


RIflessioni: Martin luther King

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agoravox - Il mistero di Archimede

venerdì 15 giugno 2012

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Ciao Gentile Lettore noi siamo molto contenti AGORAVOX ha pubblicato il nostro articolo sul mistero di Archimede.

http://www.agoravox.it/Il-mistero-di-Archimede.html

ciao a presto!!!

Il mistero di Archimede

domenica 3 giugno 2012

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Il “mistero di Archimede” non è uno di quei artifici dell’archeologia del mistero che vanno tanto di moda oggi, è qualcosa di più serio e intricato; non è nemmeno un fraintendimento moderno dell’antichità, lo troviamo, infatti, già descritto in Plutarco:
“In tutta la geometria antica non è dato incontrare argomenti più difficili e profondi di quelli affrontati da Archimede, espressi in termini più semplici e puri. Alcuni studiosi attribuiscono questo portento alle doti congenite dell’uomo; altri ritengono che il fatto che ogni suo principio sembri raggiunto senza lacuna fatica o difficoltà, è dovuto alla straordinaria elaborazione con cui la ricavò. Per quanto uno cerchi, non potrebbe arrivare mai da solo alle dimostrazioni ch’egli dà; eppure appena le ha apprese da lui, ha la sensazione che sarebbe riuscito egli pure a trovarle, tanto è liscia e rapida la strada per cui conduce a ciò che vuole dimostrare”(Plutarco, Vita Marcelli, 17).
Plutarco individua molto bene la situazione: una dimostrazione chiara, così come sono ben comprensibili e conosciuti i procedimenti applicati con estremo rigore scientifico, ciò nonostante non si riesce a capire come siano stati fatti, e questo fin dai primi teoremi come la Quadratura della parabola ( per inciso la prima somma di una serie infinita che ci sia pervenuta), per arrivare a quelli più complessi delle ultime opere quali la curva spirale o alcuni teoremi contenuti nel “Metodo meccanico”.
In passato, fu stata avanzata da più parti l’ipotesi che Archimede avesse fatto uso di procedimenti tenuti segreti o quanto meno non contenuti nelle poche opere superstiti. L’ipotesi è stata in parte confermata dal ritrovamento del “Metodo meccanico”, che ha colmato alcune lacune, ma non tutte, poiché il “Metodo meccanico” non sembra avere sempre fornito la scoperta, piuttosto sembra essere stato applicato ad ulteriore riprova di quanto ideato altrimenti, così in parte il mistero resta.
Leggendo Archimede effettivamente ci si rende conto che doveva esserci molto di più. Per dare l’idea delle perdite subite, basti pensare che nell’antichità Archimede era noto soprattutto come astronomo e l’unica opera archimedea che potrebbe essere ricondotta all’astronomia che ci è pervenuta, è l’Arenario.
E allora? Come è possibile che uno scienziato vissuto 2200 anni fa, abbia potuto scrivere dei capolavori scientifici senza che i suoi collegi di oggi e del recente passato riescano a capire come abbia fatto? Tanto più che le sue opere costituiscono il fondamento e la base di molte discipline scientifiche di oggi.

Indubbiamente la questione ha a che fare con il metodo scientifico, il ché dà la misura dell’importanza della questione, dato che quello che noi conosciamo come il metodo galileiano, altro non è che la versione un po’ approssimata  e meno rigorosa del metodo scientifico archimedeo, e che, inoltre, Leibniz quando non riuscì a difendere il metodo di calcolo infinitesimale e definire gli infinitesimali, affermò che si trattava solo di un diverso linguaggio matematico, il quale avrebbe in ogni momento potuto essere espresso col metodo archimedeo (il metodo di esaustione, la parte chiara dell’elaborazione archimedea)… furono proprio queste asserzioni che finirono col costituire il principale alibi per la sopravvivenza degli infinitesimali nell’analisi.
Dupoint commenta questo importante passaggio storico, dicendo giustamente“ Si vuole procedere più speditamente. Nasce un’analisi infinitesimale agile ma su basi fragili. La disinvoltura prende il posto del rigore (archimedeo). Gli indivisibili… sostituiscono il metodo di esaustione”.

Cambiarono le esigenze degli scienziati e di conseguenza l’approccio alla scienza stessa. Una diversa idea della scienza può portare anche a risultati e procedimenti diversi, questa è la soluzione suggerita dal fisico Salvatore Notarrigo, che nega l’esistenza di un mistero archimedeo, ricollocando Archimede all’interno dalla filosofia italica, nata con Pitagora e sviluppata oltre da Democrito, che a differenza di quella di matrice aristotelica, era contraria alla divisione della scienza in diverse discipline, ma la concepiva come unica, risultato della stessa deduzione logica, di conseguenza non vedeva niente di male nell’applicare ad esempio processi meccanici alla risoluzione di problemi geometrici, come faceva Archimede ed avevano fatto altri prima (ad es. Archita di Taranto, maestro di Eudosso) e dopo di lui  Eratostene di Cirene, per cui secondo Notarrigo le parti mancanti  dell’esposizione archimedea  che producono il cosiddetto “mistero” andrebbero cercate nelle discipline “sorelle” come la fisica e la meccanica.
L’osservazione di Notarrigo mi sembra essere supportata dalla critica rivolta da Eratostene, il destinatario del “Metodo meccanico”, ad Eudosso ed Archita, i quali pur avendo fatto uso di strumenti “meccanici” nello studio della quadratura del cubo, non erano stati capaci di fare il passo successivo adattandoli alla geometria, non solo, ma li rimprovera di non essere stati in grado d’inventare strumenti atti a calcolare le due medie proporzionali con le quali si sarebbe risolto il problema come aveva fatto lui, quindi il mancato uso di soluzioni e supporti che oggi chiameremo ingegneristici, in ambito alessandrino veniva visto come grave demerito, ma non un limite della disciplina scientifica, bensì personale.
Effettivamente, leggendo i testi dei matematici greci, fatta eccezione forse per Euclide, non sembra che siano stati influenzati più di tanto dalla filosofia platonica e aristotelica, che sembra avere condizionato soprattutto gli studiosi di storia della scienza, ma non gli scienziati contemporanei ai grandi filosofi, Archimede ad esempio non menziona né Euclide ( pur applicando i suoi teoremi), né Aristotele, non sappiamo se non lo conobbe o se non lo ritenne degno di menzione.
A mio avviso il “mistero di Archimede” è la sua serietà scientifica. Archimede riuscì ad ottenere risultati così straordinari, perché costruì i suoi procedimenti su basi il più possibile solide. La soluzione dei problemi geometrici non consiste in un unico procedimento analitico “lineare” come in uso oggi, non si tratta cioè una serie di comprovati passaggi conseguenti l’un l’altro lungo una linea di ragionamento, nell’ottica archimedea ciò non avrebbe avuto sufficiente rigore, non garantendo la certezza del risultato finale. Archimede si servì invece di una serie di singoli studi appartenenti a tutte le discipline scientifiche che gli potevano essere utili, anche se apparentemente senza relazione tra loro, che avevano la funzione di esplorare ed approfondire ogni minimo aspetto del problema sotto ogni possibile punto di vista, analizzando meticolosamente ogni singolo elemento e rapporto delle figure in questione, avvicinandosi al problema da più punti a piccoli e ben fondati passi, così da ottenere una rigorosa soluzione, che in genere nei suoi scritti sembra arrivare inaspettata e al tempo stesso perfetta; questo perché composta da molti piccoli passaggi (teoremi), e soluzioni secondarie non sempre espressamente menzionati nella dimostrazione finale, la quale in una sintesi geometrica trasforma ciò che in origine era una dimostrazione “globale” in “lineare”: una singola proposizione, dietro alla quale si nasconde un complesso intrico di proposizioni, assiomi e definizioni appartenenti a tutti i rami della scienza.
 Il mistero di Archimede in conclusione non è altro che uno straordinario metodo scientifico che noi oggi non riusciamo più a riprodurre, forse per riuscirci bisognerebbe tornare indietro e guardare alla scienza in modo diverso, dimenticando la frammentazione, il positivismo ed il relativismo. Gli ultimi due in modo particolare danno l’idea di avere rinunciato, senza una fondata motivazione, alla ricerca di procedimenti dimostrativi il più possibile affidabili e precisi, che era stato l’obiettivo principale della scienza e filosofia classica, forse dopo l’iniziate esaltazione della Ragione, ci si è resi conto di quanto sia difficile da gestire, dell’immane sforzo intellettuale che comporta e che, contrariamente a ciò che si è tentato di fare, non è facilmente asservibile, e adesso la Ragione è semplicemente scomoda e capire personaggi come Archimede diventa difficile.

Tra la molta letteratura sull’argomento, alcuni testi:

G.Cambiano, Alle origini della meccanica: Archimede ed Archita, Arachnion 2,1, maggio, 1996.
P.Dupoint, Appunti di storia dell’analisi infinitesimale, vol.I, Le origini, Torino, 1981, pp.236-38.
 M.Galuzzi, La lettura di Archimede nell’opera di Newton. in: Archimede mito, tradizione, scienza. Firenze 1992, pp.291-317.
E.Giusti. Immagini del continuo in:L’infinito di Leibniz. Problemi e terminologia. ( Simp.Int.Lessico Intelettuelale Europeo della Gotfried-Wilhelm-Leibniz Gesellschaft) (Roma 1989), Roma 1990, p.3-32
O.Neugebauer, The Exact Sciences in Antiquity, Princepton, 1952.
S.Notarrigo, Il Linguaggio Scientifico dei Presocratici analizzato con l’Ideografia di Peano. MondoTRE/ Quaderni, Siracusa, 1989.
S.Notarrigo, Archimede e la Fisica, in: Archimede, mito, tradizione e scienza, a cura di C.Dollo, Firenze 1992.
L.Russo, La rivoluzione dimenticata. Il pensiero scientifico greco e la scienza moderna, (2 ed.) Milano, 2003.