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Malus I, Segreti in cantina, 4.

Malus I, Segreti in cantina, 4.

lunedì 25 aprile 2011

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Le altre due si stavano già arrampicando sulla torretta, affrettò il passo e si trovò a passare accanto ai due pezzi d’artiglieria antiaerea, che visti da vicino le sembrarono giganteschi, ne urtò uno facendolo ruotare di poco, vedendoli così mobili, quasi fossero vivi, si spaventò e si precipitò dalle amiche, che raggiunse solo all’interno del sommergibile, dove erano comodamente sedute ai posti di comando a sorseggiare cognac e chiacchierare serenamente, quasi fosse il salotto di casa.
« Incredibile… », disse guardandosi intorno.

Il sommergibile sembrava non essere mai stato abbandonato, era come se stesse aspettando l’equipaggio per salpare. Solo alcune parti in ottone lucidato a specchio e le spartane poltrone di pelle lasciavano trasparire uno stile passato. Le apparecchiature erano in funzione e segnalavano una serie di dati a lei incomprensibili. Vi era stata apportata qualche modifica, come indicavano alcune apparecchiature evidentemente nuovissime e d’alta tecnologia.
« In pratica mio nonno si è trovato nella posizione di chi vince tutte le battaglie, ma qualcun’ altro perde la guerra », le spiegò Desirée.
Sophie era ancora senza parole.
« Come in Caccia ad Ottobre Rosso appunto», precisò Gaby.
« Sì, ma se non ricordo male Ottobre Rosso alla fine viene consegnato agli americani ». Desirée corrugò la fronte, l’idea della consegna le dava l’orticaria.
« Questo U-boot è stato ufficialmente affondato come tutti gli altri che rifiutarono l’umiliazione della resa sotto l’onta della bandiera pirata imposta dagl’Inglesi. E poi che c’entra? I generali quelli che stanno per terra, com’ è che si chiamano… non hanno mica restituito i carriarmati, li hanno semplicemente lasciati in giro. Qui abbiamo fatto la stessa cosa. Cosa c’è che non va? », domandò Desirée.
« Come ragionamento, non regge molto ».
 Desirée da accanto alla poltrona prese una bottiglia di cognac e riempì una coppa per l´amica, mentre Gaby aggiungeva con malizia « Suo nonno aveva ricevuto un’offerta migliore», scoppiò a ridere « O meglio, l’offerta fu fatta da una personcina molto attraente ». Sophie non era ancora del tutto convinta, e prendendo la coppa disse.
« Questo è furto e tradimento » e indicandole aggiunge « Da entrambe le parti ».
« A chi? » il tono di Gaby era decisamente impertinente « Ad uno stato che non esiste più? Questo è stato un risarcimento per danni fisici e morali, mai sentito parlare di danni di guerra? » e rivolta a Desirée aggiunse « Visto che non avrebbe capito? »
Il volto di Desirée si era fatto scuro, fissava il cognac che ondeggiava nella sua coppa vetro.
« Ancora non è entrata nella giusta ottica e comunque nessuno nella mia famiglia ha mai tradito », intanto Gaby precisava con eccessiva emozione.
« Ehi! Questo all’epoca era un gioiellino veramente prezioso, consegnarlo avrebbe significato darlo agli Inglesi! Stai scherzando? Stava in acque francesi, quindi era francese. Col paese alla fame, non si fanno regali agli stranieri ». Desirée invece, aveva preso proprio male l’accusa di tradimento e aveva messo il broncio.
« Nessun uomo libero è tenuto a seguire un capo indegno e vile, è una vergogna. È dagli albori del Medioevo che siamo stati uomini liberi e volendo anche prima, perché nemmeno i Romani sono riusciti a conquistarci e dovremmo sottostare agli ordini di un imbianchino austriaco d’estrazione proletaria? Ma stiamo scherzando? » represse un brivido di disgusto, bevve il cognac come per togliersi il sapore spiacevole dalla bocca.
« La stessa parola Franchi significa liberi », aggiunse Gaby confondendo leggermente le parti belligeranti.
« Qui non si capisce chi di voi due stia farneticando di più », volle puntualizzare Sophie, ma fu interrotta da Gaby che con voce un po’ più pacata tentò di rispiegare il loro punto di vista.
« Ricorda che fratellanza ed uguaglianza, non sono parole dette a caso, ma sono la base inalienabile d’ogni rapporto umano senza il quale non si può vivere. Per questo, i nostri nonni alla fine si sono trovati sulla stessa lunghezza d’onda ed hanno trovano un accordo civile ed umano, prima e meglio delle autorità statali, che tra l’altro in quel momento erano venute meno, fermo restando i miei dubbi sull’utilità dello stato padrone ». Sophie sbuffò.
« Perché devi sempre ideologizzare tutto, non puoi trovare una spiegazione ideologica per il fatto che vi siete fregati un U-Boot ». Desirée alzò le spalle dicendo semplicemente:
« Serviva ».
« Vedi, questo ha più senso, perché devi sempre polemizzare su tutto? » riprese Sophie rivolta a Gaby.
« Lei mente meglio, tutto qui » concluse Gaby mettendo il broncio.
« Quindi », disse riassumendo Sophie « Se ho ben capito nel dopoguerra per sfuggire alla fame questo paese si è dato al contrabbando e la locanda serviva da copertura per il via vai di gente ».
« Mica solo nel dopoguerra, sono secoli che va avanti questa storia», precisò Desirée con una punta d’orgoglio, aggiungendo « C’è sempre stato bisogno d’arrotondare le entrate ».
« Certo, da quando esiste un potere centrale ladro e padrone, che per inseguire interessi capitalisti impedisce il libero scambio di merci tra popoli amici e soffoca ogni forma di commercio solidale. » intervenne con enfasi Gaby.
« Forse sarebbe più preciso dire, da quando c’è gente che non si fa i fatti suoi e pretende di ficcare il naso negli affari degl’altri », puntualizzò più onestamente Desirée.
« Ragazze a costo di deludervi, ma il contrabbando non è commercio solidale ».
« Come no: solidale con noi stessi, mi sembra più che giustificato, è amicizia tra popoli come giustamente dice Gaby », obiettò Desirée senza riuscire a nascondere un leggero sorriso di impertinente compiacimento.
« In caso di nuovo conflitto internazionale o grave crisi economica Desirée riaprirà la locanda », spiegò Gaby alzando il bicchiere per un brindisi, Desirée rispose alzando il suo.
« Anche perché ho ancora i magazzini pieni di superalcolici, non ne posso più di biscottini al rum, torta al rum, crema al rum, arrosto al… ».
« Basta! Abbiamo capito. Vuoi vedere il resto?» chiese Gaby alzandosi per interrompere la litania di Desirée che rischiava di diventare lunga, Sophie annuì e la seguì.
Appena furono uscite, Desirée si alzò e raggiunse la scaletta che portava all’interno della torretta dove si trovava il posto di comando in combattimento. Quel vano forse più di ogni altro era stato invaso dall’alta tecnologia, tre schermi a cristalli liquidi, più uno che dava la posizione tridimensionale dell’U-boot, erano stati sistemati nei pochi spazzi lasciati liberi dagli strumenti, molti dei quali erano stati rimossi e sostituiti con apparecchiature più moderne, tanto da fare somigliare il ponte di comando più all’interno di un’astronave che a quello di un attempato sottomarino.
Desirée si sedette sul seggiolino scricchiolante, allungò la mano sulla tastiera che stava alla sua destra e digitò nuovamente la parola misteriosa. Il ponte s’illuminò leggermente, su uno schermo trasparente, che le stava di fianco, presero a scorrere cartine di terre lontane percorse da brevi guizzi di luce.
La ragazza le osservava impassibile, solo una sottile ruga sulla fronte lasciava trasparire i suoi pensieri. Si sporse e con un tasto accese il quadro di comando poco più in basso, poi digitò velocemente qualcos’ altro sulla tastiera, continuando a tenere d’occhio lo schermo. Le attrezzature stavano assorbendo una grande quantità di dati, quando il turbinio di segni rallentò, disse tra sé a bassa voce « Da personcina educata bisogna rispondere ». Nuovamente le dita si mossero sulla tastiera. Le immagini dello schermo ebbero un sussulto e come risucchiate, presero a mostrare a volo d’uccello paesaggi a gran velocità, per terminare in una distesa di ghiaccio che specchiava una luce accecante spegnendosi improvvisamente in un’esplosione di fuoco.

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