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Malus I, Segreti in cantina, 5.

Malus I, Segreti in cantina, 5.

giovedì 5 maggio 2011

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« Bene », un altro tocco e stampò su carta alcune righe.
Nel frattempo erano tornate le altre due.
« È tornato? », domandò Gaby affacciandosi dal basso.
« No, ma ho scoperto che ha lasciato delle tracce nella memoria, sono riuscita a stamparle, però non riesco assolu­tamente a capire di che co­sa si tratta. Aspetta arrivo » disse porgendole il foglio ed apprestandosi a scendere. Gaby prese a studiarlo con grande interesse.
« Sono rune? » domandò Sophie, ma Gaby scosse la testa meditabonda.
« No, una variante depravata dell’alfabeto latino, comun­que dalla co­struzione delle frasi non si direbbe nemmeno una lingua ger­manica, sembrerebbe quasi che qualcuno abbia trascritto in germanico un testo di un’altra lingua, usando questi caratteri abnormi ».
« In altre parole, non c’è speranza ».
« No Sophie, è solo più complesso del previsto, non c’è testo che regga al mio attacco».
« Quanto tempo pensi ti occorrerà per decifrarlo? » s'informò Desirée.
« Domani vado all'università e faccio un salto in biblioteca, forse trovo qualcuno che mi può dare una mano, comunque per capire quello che c'è scritto, senza attendere una traduzione precisa, credo non ci vorranno più di due giorni. »
« E la parola che lampeggiava, non hai idea che significa­to possa avere? », domandò Desirée.
« È proprio quella che mi lascia alquanto perplessa, si tratta di una definizione nordica per indicare i draghi, signi­fica qualcosa di simile a volato­re della penombra o colui che vola nella penombra, Penumbra e curiosamente c´é anche la stessa parola latina, vede qui: Penumbra, scritto a chiare lettere. Spero solo che il re­stante testo non sia nello stesso stile ».
« Un intero testo è sempre meglio di una singola parola, forse riusciamo a fare qualche passo avanti », osservò Sophie speranzosa.
« Vuoi vedere come c’immergiamo? » domandò Desirée cambiando argomento.
« No, No, ferme! Non fate scherzi. Posso guardare dal periscopio? Ho sempre sognato di farlo », Desirée ridacchiò.
« Non ti spaventare, per muovere questo coso serve un equipaggio per di più in gamba altrimenti sono guai ».
Fecero scendere il periscopio da combattimento e le permisero di guardarci dentro girandolo in tutte le direzioni.
« Vi chiedo scusa, questo è un giocattolo bellissimo ». Le altre due sorrisero felici come per dire “ te l’avevamo detto”.
L’interesse di Sophie per l’U-Boot e l’orgoglio di Gaby e Desirée nel mostrarglielo, fecero presto dimenticare i misteriosi messaggi e le apprensioni che avevano creato, solo abbandonando il ponte di comando Gaby notò, accanto alla poltrona sulla quale era stata seduta Desirée, inciso il nome del nonno W.H. von Drachenhof, anche il suo nome aveva a che fare con i draghi, e l’attuale cognome di Desirée de la Cour du Dracon non era altro che la traduzione in francese, scosse le spalle, coincidenze.
« Ma perché, se tutti i vostri discorsi sulla libertà sono veri, non togliete quella gigantesca svastica dal sommergibile? Fa un po’ impressione », osservò Sophie uscendo dalla torretta mentre lasciavano l’U-Boot.
« U-Boot prego. Beh sai… se qualcuno ci dovesse avvistare e dicesse di avere visto un U-Boot nazista lo ricoverano in neurologia. Tra l’altro abbiamo provato a nascondere le svastiche con una rosa bianca* che io c’ ho attaccato sopra, ma si stacca sempre. Gaby ne ha ordinata una nuova che speriamo sia più resistente ».
« Che cavolo di vernici usavano all’epoca! Non vanno via in nessun modo, accidenti a loro », protestò Gaby, alla quale quei segni provocavano un sincero mal di stomaco.
« Capito, ma che ci fate con un sommergibile? »
« Noi qualche passeggiata, vuoi mettere un U-Boot con una barchetta a vela o un banalissimo surf », disse ridendo Desirée, mentre Gaby con un po’ di vergogna tentava di giustificarsi.
« Potrebbe sembrare snobismo intellettuale, ma ci piace differenziarci dai cult dei consumi di massa compresi quelli elitari di sinistra. Ti prego di non pensare che sia per la sensazione di potere che potrebbe dare il girare su un U-Boot, tu sai che io sono una convinta pacifista ».
« E se qualcuno vi dovesse dire qualcosa? »
« Si becca un bel siluro, perché anche di quelli ho una notevole scorta da smaltire, tutto quest’esplosivo sotto casa mi da decisamente fastidio, metti una frana, un qualcosa del genere, e qui salta in aria tutto », disse Desirée francamente seccata.
« E se doveste incontrare un sommergibile atomico sovietico o americano, come dicono nei film Classe quello, Classe quell’altro? ». Gaby stava per rispondere, ma Desirée le tolse la parola ed allargando le braccia in un gesto di fatalità ammise.
« Sono cavoli amari ».
« Ma è un lupo grigio » protestò Gaby, che ancora una volta stava sbagliando schieramento ma Desirée le fece notare.
« Sì, ma per restare nel regno animale: è una lumaca. Gli altri in immersione vanno alla stessa velocità di noi in emersione, sempre se ci va bene, per non parlare dei siluri intelligenti che una volta che ti hanno agganciato ti seguono fino a casa e suonano il campanello per stanarti. Porca miseriaccia, mi fanno proprio… ».
« Come avete fatto finora? »
« Furbizia. Siamo sempre riusciti a far credere d’essere qualcun altro, per fortuna Russi e Americani non si parlano molto ».
« Più che furbi, siamo fortunati », puntualizzò Desirée.
« Dite le verità, gli ideali non c’entrano niente, qui se lo sono tenuto semplicemente perché piace », concluse Sophie, le altre due ammiccarono con un sorriso.
Ferme sulla banchina ammirarono il loro U-Boot, sperando in cuor loro che la fortuna non le avrebbe abbandonate e che come l’ultimo esemplare di una rara specie animale, il loro lupo grigio sarebbe riuscito a sfuggire all’uomo moderno e a salvarsi dal gelo della guerra fredda ancora in atto.


* La rosa bianca era l’emblema della lotta studentesca tedesca contro il nazionalsocialismo.

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