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Malus I, Tenebricus, 1.

Malus I, Tenebricus, 1.

venerdì 13 maggio 2011

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Un guerriero si staccò dal gruppo, si avvicinò a Desirée e le puntò contro un'alabarda, che non sembrava per niente irreale, anzi d’ottimo acciaio, le fece segno di seguirli. Desirée non ebbe scelta, tremante ed allo stremo delle forze, dovette andare con gli impalpabili guerrieri ombra.
Il tragitto da percorrere si rivelò molto più lungo di quanto avesse immaginato, le sembrò non avere fine. Era evidente che si trovava all’interno di una qualche antica costruzione che data l’altezza dei soffitti e l’estensione dei corridoi doveva essere di dimensioni gigantesche. Dopo avere risalito scale, che come un serpente si addentravano nel ventre del gigante di pietra, passarono per enormi sale deserte, spazzate solo dal vento che penetrava dalle alte finestre ogivali, il suo soffio incessante aveva imbiancato di sale la ruvida superficie della pietra, che alla luce ondeggiante della torcia si riverberava sui cristalli di sale, creando fantomatiche evanescenze conferendo ai massicci muri di pietra inquietanti dissolvenze spettrali. Tutto sembrava essere stato abbandonato da lungo tempo, ciò che mancava però per segnare il trascorrere del tempo era lo sporco, non c’era traccia di polvere o ragnatele, il ché,  se possibile, dava un senso di vuoto ancora più opprimente.
Desirée pensò di trovarsi in un complesso architettonico di stile gotico in evidente stato d’abbandono, non c’erano mobilio o altre suppellettili, le sale erano spoglie. Gli unici suoni percepibili erano il suo respiro affannato e i suoi passi, di tanto in tanto una raffica di vento più forte che faceva sbattere le imposte semi scardinate e chissà quali lontane porte, la cui eco si rincorreva incessante per l’edificio, non era facile capire dove avesse origine, era irreale.
Giunti in un ampio vano circolare, da sotto una porta laterale vide filtrare uno spiraglio di luce artificiale. Le ombre aprirono la porta e la introdussero in una stanza diversa dalle altre, nonostante l’altezza del soffitto, le pareti erano nascoste da scaffali straripanti di libri ed oggetti vari. Al centro su di un ripiano in pietra era poggiata una sfera di cristallo, che emanava una pallida luce, diversa da quella irrequieta e calda proveniente dal fuoco che ardeva nel grande camino alla sua sinistra.
Al suo arrivo la luce all’interno della stanza aumentò. Desirée scorse sulla destra, parzialmente nascosto dal bordo di una li­breria, un uomo seduto su una poltrona di pelle dallo schienale alto, indossava un lungo abito di velluto rosso scuro di foggia medievale e te­neva un libro aperto sulle ginocchia, lo chiuse lentamente e la osservò con attenzione.
« Accomodatevi Signora », disse infine, indicandole la poltrona accanto al fuoco, quasi di fronte alla sua. La voce era calma e di circostanza, ma lasciava trasparire un velo di minaccia, era freddo come il castello.
Desirée completamente intirizzita fu lieta di potersi sedere al caldo.
« Benvenuta, spero abbiate fatto un buon viaggio ».
« No, schifoso! Peggio è difficile, di merda! », rispose Desirée, stendendo le mani verso il fuoco, tentando di reprimere i brividi che la scuotevano visibilmente, non le piaceva tremare davanti a quell’individuo antipatico.
« Perdonatemi mia Signora, se non mi sono presentato prima, il mio nome è Malus l’albero del Sapere, Cignus, Mánihard, Figlio di Naglfari lo scuro Re della Notte e signore delle tenebre, sono il Principe della Notte, ultimo discendente della glo­riosa stirpe...» Desirée, cui il fuoco sembrava avere in breve tempo ridato energia, lo interruppe bruscamente.
« Sinceramente di questo non me ne frega assolutamente niente, e non ti permettere di chiamarmi tua signora! Non ti conosco e non ti voglio conoscere, voglio solo andare a casa! ».
« Desolato, ma purtroppo mia Signora temo di non potervi accontentare, inoltre ciò che ho intenzione di comunicarvi, credo sia d’impor­tanza vitale per voi », la corresse senza cercare di celare un tono di scherno. Desirée si volse verso il fuoco, mandandolo mentalmente a quel paese, troppo stanca per affrontare una lite con uno sconosciuto odioso.
« Dovete sapere che siete l’ultimo discendente dei nostri acerrimi ne­mici: i Rankarth, i grandi Maghi dell’estremo nord, lo Jõtunheimr. Costoro più di diecimila anni orsono distrussero il nostro regno, annullando i nostri poteri al di fuori di queste mura, all'interno delle quali ci rinchiusero, condannan­doci all’eterna solitudine ed al silenzio assoluto. Il nostro annienta­mento non li soddisfaceva a pieno, nella loro malvagità, vollero che continuassimo a vivere in eterno la nostra morte, estendendo la pena alle generazioni future. Per quanto mi concerne sto pagando una colpa di cui si è persa la memoria », a quelle ultima parole la voce pur restando cordiale vibrava scossa dall’odio.
« Beh, per quanto mi riguarda non ho mai sentito quel nome, inoltre i maghi esi­stono solo nelle fiabe, come gli elfi, gli gnomi e altre scemenze del genere. Vorrei solo capire che ci faccio in questo posto da incubo, è tutto così irreale che mi sta venendo l’emicrania », rispose senza nemmeno guardarlo allungando le mani verso il fuoco. Gli occhi violacei del Principe della Notte lampeggiavano di luce sadica, cominciava a divertirsi a fare il gioco del gatto col topo, si adagiò allo schienale soddisfatto.
« Tutte creature comuni in questo mondo, Signora, poiché per quanto vi possa dispiacere, stupire o sembrare impossibile, non siete più nel vostro mondo, ma in uno a questo paral­lelo.» La ragazza lo fissò un attimo perplessa, poi tornando a guardare il fuoco crepitare nel camino, replicò.
« Ridicolo, questa non è altro che un brutto scherzo di Sophie, deve avere organizzato il tutto col suo amico produttore cinematografico, che fa quei film inguardabili. Mica sono scema, non credo ad una parola di quello che hai detto ».
« Credere o non credere non cambia la realtà. Se non erro da voi la definiscono "altra dimensione". Da noi la scienza druidica è molto più avanzata e vede la teoria dei mondi paralleli quale assodata, benché il passaggio da un mondo all’altro sia possibile solo ai vati più esperti, come il sottoscritto. Vi trovate oltre i confini occidentali del Midgard, che da voi mi sembra chiamiate pittorescamente Terra di Mezzo, più precisamente nel castello chiamato dai nostri nemici Te­nebricus. Il suo vero nome è Nachtfels, la mia umile dimora, dalla quale voi non uscirete più, viva s' in­tende. Vi scon­siglio di dubitare delle mie parole, poiché, quale discen­den­te dei più potenti Signori della Notte, non mi sba­glio » poi con un sorriso maligno aggiunse: « Mai. Questa volta saranno i Rankarth ad essere scon­fitti, per quanto mordaci possano essere le vostre ultime parole, sono nient’altro che dei suoni, che saranno inghiottiti dalle te­nebre e dimenticati, come il vostro stesso nome e la vostra maledetta stirpe di carogne. Non rimarrà nemmeno l’eco del vostro nome », però Desirée sembrò non es­sersi impressionata più di tanto per le minacce, giocherellando con le dita tra le fiamme del camino, ribatté irriverente.
« Gli ha dato di volta quel po’ di cervello che ha. Mio affabile sovrano, non dimenticate che le parole sono l’arma più pericolosa e potente data all’uomo, e poi, sai che soddisfazione ammaz­zarmi per rimanere chiuso qua dentro in eterno, non è che per caso la solitudine ti ha rincretinito? »
« Mors tua, vita mea. Sono occorsi secoli ed infinite ore di ricerche, ma in fine siamo riusciti a scoprire la via per annullare la maledizione ».
« Davvero? E sarebbe? », rispose, alquanto scettica sul fatto che uno dei suoi, sia pure ipotetici antenati, avesse potuto commet­tere un errore in una que­stione di prima importanza. Si sedette più comodamente per potere ascoltare meglio, intanto che il Principe della Notte parlando si aggi­rava nella stanza.
« Per sconfiggere le allora immani forze delle tenebre fu forgia­ta nelle terre del Nord una spada, solo la vista della quale era sufficiente ad annientare interi eserciti...» Fu nuovamente interrotto.

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