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Malus I, Tenebricus 4.

Malus I, Tenebricus 4.

domenica 5 giugno 2011

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 Entrato si sedette sul freddo trono di pietra ed argento.
« Portami da bere », ordinò con rabbia ad una silenzio­sa guardia, che s’inchinò e scomparve immediatamente la­sciandolo solo ad os­servare la pallida luce delle stelle, senza riuscire a distogliere la mente dalla ragazza e soprattutto dalle sue parole, che, dette con ingenuità, erano state più pungenti di quelle pronunciate con astio.
Le vecchie mura del castello avevano tremato, quando aveva pronun­ciato il suo nome, violando senza saperlo una maledizione.
Prese in mano il calice d’oro tempestato di gemme, che la guardia gli porgeva, sorseggiò distrattamente il vino, non sarebbe bastato un in­tero mare di vino per fargli dimenti­care di avere udito pochi minuti addie­tro per la prima volta pronunciare il proprio nome. Fino ad allora non si era reso conto di quanto gli fosse pesato il silenzio che lo circondava fin dalla nascita, il dolore esplose nel silenzio che dominava la sala e tutto il castello.
Quella sera a quasi trecento anni aveva appreso di essere di bell’aspetto, carino, gli altri ragazzi passano la giovinezza a giocare con i compagni, a inseguire i primi amori, a lui erano toccati il silenzio, la solitudine, il buio eterno. Gli si strinse il cuore a ripensare alla luce radiosa che lei aveva negli occhi quando lo aveva guardato stupefatta, era più luminosa del riflesso delle perle tra i suoi capelli, più caldo; quanto aveva dovuto attendere per un sorriso come quello, per avere ciò che altri hanno tutti i giorni.
Soffocando un singhiozzo scaraventò via la coppa. Il suono metallico si ri­percosse per le immense sale, por­tato lontano dall’eco, mentre la rabbia del Principe della Notte cresceva, sospinta da frasi che non cessavano di ripetersi nella sua mente " Quanti anni hai? " e ancora “Malus”. Quanti anni d’assoluto silenzio aveva vissuto il suo giovane cuore? Il blu della notte nei suoi occhi assunse il colore del sangue dei nemici e la forza dell’odio. Le tenebre della notte coprirono le stelle, dentro e fuori il castello si spanse l’oscurità, come una nube malefica si allungò sul mare agitato, insensibile alla forza del vento, servo della maledizione che lo imprigionava.
Desirée, invece, era rimasta un attimo a fissare intimorita la porta dalla quale era uscito, poi aveva girato su di sé rimirandosi nello splendido abito, ripensando allo sguardo deciso e pericoloso del Principe della Notte. Si tolse l’abito dei so­gni, lo depose con cura sulla sedia accanto al letto e si coricò, rimanendo a guardare semiaddor­mentata le fiamme ondeggianti nel camino, che sembrano danzare per lei una danza esotica.
“ È davvero tanto carino, forse è addirittura il più bello che io abbia mai visto, sarebbe l’ideale per una gara con Sophie, tanto non è mai riuscita a battermi: lei gli conturba i sensi, io gli divoro il cuore” sorridendo maliziosamente strinse stancamente il pugno della mano, come se vi volesse imprigionare il cuore del Principe, le palpebre si chiudessero e cadde in un profondo sonno rasserenata dalla consapevolezza che il bagliore che aveva visto provveniva dal cuore di Malus, bello come il suo sorriso.
Anche gli occhi del Principe della Notte alla fine dovettero cedere, non alla stanchezza o all’ora tarda, bensì al troppo alcool bevuto nel vano tentativo di soffocare il dolore apparso così intenso ed inatteso. La coppa d’oro gli cadde dalla mano rotolando via sul pavimento. Le ore scorsero tristi in quel luogo dove non c’era niente che potesse scandirle, il giorno era uguale alla notte, solo le stelle ruotavano lentissime in cielo segnando il passo dei secoli.
Dal buio uscì un artiglio scuro sfiorò il collo di Malus, ne seguì lentamente la curvatura, si spostò sul volto ricoperto di lacrime, le raccolse e si soffermò ad osservarle alla tenue luce delle stelle, quasi invisibili eppure ricolme di profondo dolore, nate dal desiderio di libertà.
Gli artigli circondarono la gola del Principe della Notte, sembrava volessero stringerla per spezzarla, affondare nella sua carne, si fermarono per alcuni istanti seguendo nervosi la giugulare che palpitava lenta e inconsapevole.
« È tutto sbagliato » lasciarono la presa e la figura scura si ritirò silenziosa nelle tenebre dalle quali era giunta.


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