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Bellarmino vs Galileo e il metodo archimedeo

Bellarmino vs Galileo e il metodo archimedeo

sabato 28 gennaio 2012

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Alle volte ci piace occuparci di cose serie e allora andiamo a frugare negli appunti del nostro autore dove si trovano molte cose interessanti, che vi riproponiamo per sommi termini, semplificando per adattarli allo stile blog, ma riprenderemo subito con il racconto delle nostre epiche imprese.
La recente dimostrazione che velocità dei neutrini che supera quella della luce, sembra volere bisbigliare all’orecchio, che c’è un più veloce del veloce, proprio come secoli addietro Anassagora (morto 428 a.C.) aveva affermato, che c’è sempre un più piccolo del più piccolo.
In effetti del  piccolo non vi è il minimo, ma vi è sempre un più piccolo,( essendo impossibile che ciò che è non sia) ma del più grande c’è sempre un più grande: e per quantità è uguale al piccolo e in rapporto a se stessa ogni [cosa] è grande e piccola”(DK 59 B3 ).
Alcuni studiosi hanno cercato di ricondurre a lui Elementi X,1, che sembra esserne la dimostrazione matematica, sicuramente non euclidea, probabilmente però riconducibile a Teeteto o ad Eudosso.
Date due grandezze disuguali, se dalla maggiore si sottrae una grandezza maggiore della sua metà e da ciò che rimane una grandezza maggiore della sua metà e se questo procedimento viene ripetuto continuamente, allora alla fine rimarrà una grandezza che sarà minore della minore delle grandezze date”.
La proposizione Elementi X,1 contiene probabilmente la prima dimostrazione matematica dell’infinita divisibilità della retta, che costituisce uno dei punti di partenza per la futura teoria delle proporzioni.
 È l’inizio della grande avventura matematica dell’infinito, il momento in cui l’uomo guardandosi attorno vede i cieli estendersi all’infinito, la materia divisibile fino all’inverosimile,  e la Ragione suggerisce all’uomo che la vista e il tatto possono essere ingannevoli, non sono sufficienti, l’unica via alla conoscenza è la Ragione.
Così sulle sponde del Mediterraneo ha inizio la più straordinaria impresa dell’umanità, che ci ha portato dove siamo oggi: alla scoperta della velocità dei neutrini. È la ricerca del migliore metodo scientifico che potesse guidare la mente umana sulla via della conoscenza, siamo alla fondazione della scienza.
Quanto possa essere decisivo il metodo scientifico, si può vedere in uno degli scontri più affascinanti e determinanti dell’Occidente: Bellarmino vs Galilei. A prescindere dall’eliocentrismo, si trattò di una disputa sul metodo scientifico. Le argomentazioni di Bellarmino erano ben costruite, tant’è che il metodo strumentale propugnato dal cardinale è ancora oggi tra i più diffusi in ambito scientifico. Più complesso quello galileiano, però Galileo non era solo, con lui tornava uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi: Archimede di Siracusa, infatti Galileo non fece altro che applicare, sia pure in forma un po’ più grossolana e generica, il metodo archimedeo, di fronte al quale il povero Bellarmino non aveva nessuna possibilità, la dimostrazione vincente era quella di Galileo, inconfutabile.
Secoli addietro però, forse, era accaduto quasi il contrario. Era il tempo in cui alla corte pontificia di Viterbo erano presenti alcuni tra i massimi matematici dell’epoca tra cui: Giovanni Peckham,  Witello, Giovanni Campano. Sono anche gli anni in cui S.Tommaso d’Aquino chiede insistentemente, ma senza successo, al suo traduttore  Guglielmo di Moerbecke la traduzione di altri testi aristotelici, ma questi è impegnato a tradurre qualcos’altro giunto da poco a Viterbo: il codice contenente le opere di Archimede.
 Gli scritti archimedei che trasudano infinito da tutti i pori, furono probabilmente utili per comprendere l’infondatezza e insostenibilità  del pensiero aristotelico averroista, condannato con bolla pontificia di Giovanni XXI (1270 e 1277, in realtà le bolle furono due). Per tutelare l’onnipotenza di Dio, si dovette salvare l’infinito matematico dalle pericolose ingerenze aristoteliche che tendevano a negarne la possibilità. A tutt’oggi la bolla del 1277 viene vista da alcuni studiosi come l’atto di nascita della scienza moderna. Dopo secoli l’infinito era finalmente libero di esistere e di essere studiato, diventando quasi sinonimo di Dio; tant’è che non solo la matematica ricevette un fortissimo impulso, ma nel periodo successivo ad opera di Duns Scoto e Riccardo da Cremona furono redatti alcuni dei più interessanti studi matematici sull’infinito del Medioevo, ai quali si ricollegò anche Galileo, fermandosi però, quasi spaventato alla scoperta della corrispondenza biunivoca tra infiniti.
Ma come l’allievo Galileo non abbia osato guardare dove il maestro Archimede aveva agito con tanta spregiudicatezza, lo vedremo un’altra volta.

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