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05/2011

Malus I. Tenebricus, 2.

sabato 28 maggio 2011

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Qualcosa o qualcuno l'aveva realmente afferrata come nella morsa di una tenaglia, la stringeva in modo insopportabile e si dimenava nell’acqua, infine con un colpo secco e per lei doloroso, si ritrovò improvvisamente fuori dell’acqua, poteva di nuovo respirare. Fu solo allora, che si rese conto che una gigantesca aquila marina l'aveva stretta tra gli artigli, e con un possente colpo d’ali, uscita dall’acqua si stava faticosamente alzando in volo verso Tenebricus, salì fino a raggiungere le guglie più alte del castello, lo sorvolò interamente, posandosi infine nel versante opposto su di una torre, dove già l'attendevano schierati i guerrieri ombra.
L’aquila, deposta delicatamente Desirée semisvenuta sul pavimento, batté le ali e con un grido agghiacciante si trasformò nel Principe della Notte. L'uomo fece un cenno ai guerrieri, i quali sollevarono la ragazza e la portarono all’interno della torre in una graziosa camera riccamente arredata. La distesero su un soffice letto a baldacchino, mentre Principe della Notte, si appoggiò al camino acceso per asciugarsi massaggiandosi indolenzito la spalla.
Desirée era ancora semicosciente, si sentiva completamente sfinita, il calore della stanza non riusciva a darle conforto, continuava a sentire un freddo intenso. Girò la testa, il senso di vertigine aumentò, riuscì a mala pena a mettere a fuoco la figura del Principe della Notte.
« Quando siete caduta, affinché potessi soccorrervi ho dovuto trasformarmi nel primo volatile che mi è venuto in mente. È una magia che esercito di sovente. Gli uccelli sono l’artifi­cio che mi riesce meglio. Tuttavia devo confessare di non essermi mai tuffato prima in acqua, sincera­mente non avevo alcuna idea di come si facesse ad uscirne. Credo di essermi lievemente slogato la spalla » le spiegò il Principe della Notte vedendo che aveva ripreso conoscenza. Sorri­deva imbarazzato per l'incidente, con una mano scostò la frangetta, che gli ricadeva sulla fronte fino all’al­tezza degli occhi, prima Desirée non l’aveva notata, per­ché la portava pettinata indietro nascosta tra i capelli scuri come le tenebre dai riflessi dei fulmini della notte di cui era signore.
Lo osservò meglio, i lineamenti erano scuri e decisi, la pelle luminosa, diafana del colore della Luna. Il volto era glabro, pur essendo marcatamente maschile aveva una tale finezza nei lineamenti da avvicinarsi alla bellezza femminile. Le spalle erano larghe, il fisico atletico e slanciato, i movimenti erano eleganti, garbati come la stessa persona, eppure nell’insieme esprimeva una grande forza.
« Come vi sentite Signora? » domandò ve­dendola tre­mare, Desirée non rispose, cercava ancora di rendersi conto di quanto accaduto. Osservava stancamente la stanza in cui era stata portata, tanto diversa da quanto aveva visto fino allora nel castello: era ricolma di pizzi e veli in tonalità pastel­lo, evidente tentativo di conferire al vano un tono femminile, o quantomeno consono ai gusti femminili, non le piaceva. Infine l’attenzione tornò sul Principe della Notte stesso "A guardarlo meglio, non è altro che uno stu­pendo giocattolo, perfetto per miei gusti. Che stupida sono stata a non accorgermene prima, dove ero con la testa?” In effetti, il sorriso imbarazzato del Principe della Notte aveva qualcosa di tenero ed al contempo molto sensuale, forse era sincero. Desirée socchiuse gli occhi sognandolo suo per pochi istanti. Dall’esterno quel gesto dovette sembrare un’ulteriore segno di malessere, perché il Principe le disse.
« Perdonatemi, ho dimenticato che i vostri abiti sono completa­mente bagnati. Vi aiuto a cambiarvi. »
Istintivamente Desirée si strinse addosso i vestiti, provo­cando una ri­satina divertita del Principe della Notte.
« Io non sono un comune mortale, non ho biso­gno di usare le mani per compiere un’azione talmente ordinaria », schioccò le dita e Desirée si trovò improvvisamente indosso un abito di raso grigio dai bordi ricamati d’argento, foderato di morbidissima pelliccia della stes­sa to­nalità.
Incredula Desirée richiuse gli occhi, notando che la testa continuava a gi­rarle, quando li riaprì indossava ancora lo stesso stupendo vestito. Di­nanzi al letto sostava un’ombra con in mano un vassoio recante una be­vanda fumante.
« Vi prego di berla, mia Signora, vi farà stare meglio non cela in sè alcun inganno », la rassicurò cordiale il Principe della Notte, senza fare altre obiezioni Desirée accettò di bere, sentendosi immediatamente più in forze.
« Come hai fatto? » domandò infine, sedendosi stancamente sul letto in modo da potersi vedere meglio. Il Principe della Notte studiava or­goglioso la propria opera, continuando a massaggiarsi la spalla.
« Erano di vostro gradimento i mostri? Sono opera mia. Gli uomini ombra invece sono il mio popolo, come pure gli Alp », Desirée si voltò verso di lui stupita.
« Quello era un Alp, un incubo-vampiro? Abbastanza insignificante me li immaginavo peggio».
« Il peggio lo provocano nella vostra immaginazione, si può morire di paura, impazzire per un incubo non disinguere più tra realtà e sogno vi succhiano la vita mia Signora, e i mostri? »
« Repellenti, però da un punto di vista stretta­mente tecnico lasciano a desiderare: sono alquanto banali.» Il Principe della Notte alzò le spalle incurante della critica.

Malus I. Tenebricus,

lunedì 23 maggio 2011

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Il corridoio sboccava in un’elegante scalinata, che portava in un’ampia sala debolmente illuminata, le sembrò una promettente via di fuga, ma proprio in quell’istante una figura alta con un largo capello, che sembrava non avere volto ma mille, le volteggiò davanti, parve sfiorarle la gola con la punta delle dita e scomparire nuovamente nell’oscurità delle pareti dalle quali era uscita, sussurrando lasciva « Bella ». Era raggelante, per un attimo Desirée si sentì girare la testa, soffocare, cadde preda del panico e cominciò a correre come in un disperato incubo verso la pallida luce che intravedeva alla fine del corridoio. Raggiunse la scala, la scese, giunta però a metà rampa, si accorse che gli insegui­tori si erano fermati, voltatasi un attimo indietro ne capì subito il motivo, come nei peggiori incubi la scala su cui si trovava prese a sgretolarsi progressivamente, sprofondando in una voragi­ne sottostante da dove le gridava contro senza voce l’inquietante creatura di poco prima. Dopo il primo istante di sconcerto, Desirée saltò sulla ba­lau­stra e, come aveva fatto tante volte da bambina, scivolò giù lungo il corrimano. Una volta sotto, però, non seppe trattenersi dal fare un gesto poco gentile, ma molto esplicativo, all’indirizzo dei suoi inseguitori.

« Tiè! Brutti schifosi », e scappò via, lungo l’ennesimo corridoio senza sapere dove stesse correndo. Dopo un po’ si fermò e si guardò intorno cercando di capire quale fosse la migliore via di fuga, scelta difficile dato che non sapeva da che parte sareb­bero giunti i prossimi guerrieri ombra, poiché quelli che aveva appena seminato non erano certa­mente gli unici, ancora più inquietante era la creatura che usciva dal buio.

« Adesso ho bisogno di un posto dove potere pensare con calma » si guardò attorno.

Notò alcune strette finestre, le cui imposte sbattevano rumorosamente. Senza riflettere a lungo raggiunse la finestra più vi­cina, s’affacciò, sotto si vedeva solo il mare, vi s’issò sopra e come previsto poco sotto scorreva un corni­cione, che seguiva il percorso delle mura fino a piegare verso l'esterno per girare intorno ad una torre. Si calò sul cornicione, lo seguì fino al punto più lontano dalle finestre, dalle quali avrebbero potuto scorgerla gli inseguitori.

Il cornicione era abbastanza largo da permetterle di se­dersi comoda­mente, guardò impaurita verso il basso dove in profon­dità s’infrangeva il mare. Il fragore delle onde si perdeva assorbito dall’impressionante altezza, la spuma dei cavalloni era ridotta ad un tenue luccichio.

« Non avrei mai pensato di ridurmi alla classica cretina che scappa per il castello inseguita dai mostri. Nella vita ce n’è sempre una nuova », constatò una volta seduta. Temendo di cadere, per sicurezza si appoggiò alla parete e alzò gli occhi al cielo, che le appariva sede d’irraggiun­gibile serenità, inaccessibile agli uomini ed intat­to nella sua purezza, lontano dal Male ma in quel momento di sconforto anche dal Bene. Un rumore la richiamò alla realtà, si voltò, un piccolo mostro rivoltante dalla pelle grigia e grinzosa si era arrampi­cato sul cornicione e si stava avvicinando strisciando a quattro zampe.

« Mancavano soltanto i Greemlins, pussa via! »

« Non sono quello che hai detto ».

« Un Goblin? » azzardò Desirée dato che si trovava in un mondo fantastico, quello schifo di creatura doveva pure avere un nome.

« Nemmeno quello. Io ti mangio » le rispose il mostro, muovendo nervo­samente la lunga coda da ratto cosparsa di lunghi acu­lei. La guardava con piccoli occhi gialli da rettile, dalle fauci aperte colava una lunga scia di bava verdastra e fuoriusciva un odore nauseante. Desirée si alzò sostenendosi alla parete, diede una rapida occhiata al cielo cercando qualcosa che non riuscì a vedere.

« Ma non dire stupidaggini, al tuo padrone servo viva ».

« Vieni qua bella bambina, dai vieni », rispose sibilando la disgustosa creatura  continuando ad avvicinarsi.

Desirée si mosse in modo da potere tornare indietro, ma proprio in quel momento qualcosa di terrificante la toccò, aveva accanto l’essere che usciva dal buio, ebbe un sussulto di paura incontrollato che le fece perdere l’equilibrio e prima ancora di rendersene conto, cadde nel vuoto precipitando lungo le pareti lisce del castello.

Prima di sprofondare tra le onde, riuscì a respirare l’aria pungente, fu come se nella sua mente avesse brillato per un breve attimo la luce dei ghiacci del Nord allontanando il buio di Tenebricus che le era entrato dentro, vide distintamente il bagliore sfavillante avvicinarsi. La forza dell’impatto scoordinato con l’acqua e la spinta verso il basso le provocarono un intenso dolorela riportò nel mondo degli incubi dal quale era appena riuscita a fuggire, mentre sprofondava nel delirio, ebbe l’impressione di veni­re agguantata da un gigantesco orco, che la strinse con una terribile morsa, quasi la volesse spezzare in due.

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« Orripilanti mostriciattoli color cadavere con lunghe zanne giallastre! ».16

« Bello, vero? » 11

« Siamo noi!!!!» 18

« Che entrata in scena, da grandi » 32

« Orripilanti e terrificanti! Appena visti scappata per paura » 18

«Quello era il nostro aspetto originario, gentile lettore,  ammetterai che non è da poco e tieni a mente che quella è la nostra reale natura per ogni evenienza futura»16

«Terrei graziosamente a precisare che la ragazza in questione non è facile allo spavento come potrebbe erroneamente sembrare ad un osservatore poco attento, quindi se lei ha avuto paura e perché siamo realmente spaventosi » 27

« Sì. Lei palle quadre» 11.
« Sì, che fumano oserei aggiungere, e…»

« Non so se si è capito, ma con quest’aspetto da pupazzetti del cavolo ci sono venuti i complessi d’inferiorità, e non solo nei confronti degli umani…»32.
« Infatti vorremmo cogliere l’occasione che questo blog ci offre, per questo in fondo lo abbiamo aperto, per rettificare alcuni malintesi che possono sorgere sulle nostre persone leggendo il romanzo come raccontato da quell’imbecille del giullare» 16

« Siamo oggetto di mobbing da parte degli altri mostri della Terra di Mezzo, voi vi lamentate del mobbing umano, pensate a noi » 27

« Hai idea lettore come ci si sente a essere presi per il culo da un troll?» 32

« Per non parlare inusitate delle cattiverie che sono capaci di dire quei cattivoni degli orchi» 27

« Se te li mangi restano pure sullo stomaco, schifosi » 32

« Orco fa venire cacarella » 18

« Troll un po’ meno » 11

« Dipende…» 52

« Gentile lettore a questo punto ti dobbiamo lasciare, ma ti invitiamo di cuore, e non stomaco, ribadisco non stomaco per tutti i presenti, a seguire le nostre e piche avventure, profondo saluto » 16

Malus I, Tenebricus 2.

lunedì 16 maggio 2011

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« Che noia, siamo all’ennesima rielaborazione di Exca­libur, mancano solo la fata Morgana ed il Signore degli Anelli. Deprimente, se pure sir Lancillotto non deve essere stato male, non mi spiacerebbe incontrarlo. Senti lascia da parte Excalibur e parlami del Lancillotto », e lasciò cadere mollemente un braccio verso il fuoco, come se volesse giocarci con le dita, intanto lo guardava con la solita aria dispettosa, reazione che sembrava innervosire il suo interlocutore, che sembrava sorpreso per non dire impreparato al suo atteggiamento.
« Vi prego di non interrompermi con stupide osservazioni », le intimò l’uomo irritato dalla sua sfacciataggine.
« Che palle… » Il Principe della Notte la fulminò con un’occhiata, non si era aspettato un simile comportamento e linguaggio dalla sua prigioniera, che aveva immaginato spaventata e remissiva, visibilmente seccato riprese.
« La sacra spada assorbiva al suo interno la luce abbagliante, quale può esserlo unicamente il bagliore dello Jõtunheimr circondato dal deserto di ghiaccio. Riassumeva in sé la genialità dei suoi costruttori istruiti alla segreta magia dei giganti delle Terre di Ghiaccio, donava l’invincibilità a chi la possedeva.» Desirée con la mano gli fece cenno di stringere, il Principe della Notte finse di non vedere « Fu con questa spada che i miei antenati furono sconfitti, poiché nessun maleficio o magia poteva tenerle testa. Sfortuna nostra volle che il Mago dello Jõtunheimr fosse molto accorto, di conseguenza intuì che un potere talmente grande avrebbe finito col corrompere persino gli animi più retti, che avrebbero rischiato di servire, loro malgrado, le stesse forze che egli aveva sconfitto. Così dopo la vittoria distrusse la spada, disseminandone i pezzi in tutti i mondi a lui conosciuti, scomparendo egli stesso. La­sciando questo mondo portò con sé un componente di vitale impor­tanza, ed è stato proprio quel frammento che io ho seguito per di rintracciarvi e che voi portavate al collo quando siete giunta qua ».
« Un anello per unirli, un anello per ghermirli… corsi e ricorsi storici. Mi sembra di capire che in quest’arco di tempo voi abbiate ritro­vato tutti i pezzi ».
« Supposizione corretta, con quella spada sarò in grado di riprendermi quanto un tempo fu dei miei antenati, e vendicare una condanna emessa diecimila anni prima che nascessi. Esattamente tra cinque giorni, quando in cielo risplenderà la costel­lazione che riluceva al momento in cui fu forgiata, i frammenti della spada si riuniranno l’un l’altro tenuti insieme dal sangue dell’ultimo dei Rankarth, inutile sottolineare che si tratta del vostro, e quando que­sto scorrerà a Tenebricus, anche la maledizione imposta dal più potente di voi si estingue­rà insieme alla vostra stirpe. Come potete ben vedere, Signora, prendo due pic­cioni con una fa­va ».
« Non per sminuire il tuo entusiasmo da fanatico di bassa leva, ma tutto quello che hai detto è semplicemente insensato, pertanto temo che avrai un’amara delusione, se non altro perché tutte le storielle di questo genere terminano sempre con la vittoria dell’eroe buono e la morte del principe cattivo, e questo senza eccezioni. Inutile dire chi sia qui il cattivo ».
« Potrà sembrarvi poco plausibile, ma è la realtà. Desidero inoltre cogliere l’occasione per rammentarvi che, purtroppo per voi, la realtà ha poco a che vedere con le fiabe a lieto fine, forse è per questo che spesso si dice che è amara. Vi tocca bere un calice amaro mia Signora ».
Desirée lo guardava perplessa.
« Perdonatemi, dimenticavo un’ultima inezia: è inutile che tentiate di fuggire e lasciare il castello, se non ci sono riuscito io con i miei straordinari poteri, non penso possiate esserne capace voi, per cui mi auguro che non creiate ulteriori seccature. Buonanotte ».
« Perché ti do pure fastidio? E ma ci vuole faccia tosta… ».
« Senza offesa, ma la vostra vista mi è esecrabile », concluse il Principe, con un gesto della mano ordinò ai guerrieri ombra di condurla via.
« Ma vedi d’andare a farti f… » stava per ribattere, ma le guardie l’avevano già afferrata per un braccio e la stavano trascinando via, dandole solo il tempo di gridare.
« Bastardo dentro e fuori!  Figlio di…», la porta si chiuse alle loro spalle.
Più che spaventata era avvilita, aveva capito di trovarsi in pericolo, pur non comprendendo bene quanto, cercava freneticamente una soluzione, un qualcosa che potesse aiutata a sfuggire da quella situazione decisamente pazzesca, doveva pensare con calma.

Avevano lasciato la stanza del mago e si accingevano a scendere una larga scala a chiocciola. Desirée camminava piano trascinando riluttante i piedi, ma era sveglia come non mai, attese che il guerriero ombra che la prece­deva scendesse i primi gradini, e gli fece lo sgambetto al piede che stava sollevando facendogli perdere l’equilibrio. Sgusciò via, sfuggendo alla guardia che le stava dietro, che colta di sorpresa non era riuscita a reagire prontamente. Riattraversò di corsa il vano circolare, che avevano appena passato, scomparendo in un corridoio adiacente, non aveva pensato di potere essere tanto veloce.
La sua velocità aumentò considerevolmente quando, voltatasi, si rese conto di non essere inseguita solo dai guerrieri ombra, ma anche da piccoli e orripilanti mostriciattoli color cadavere con lunghe zanne giallastre.

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sabato 14 maggio 2011

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- Ecco trovato quacosa simile ai Guerrieri Ombra -18
-Così avrete un'idea di con chi c**** ci tocca convivere -32
- Grossi e violenti- 11
- Secondo noi non sono muti per via della maledizione, ma perchè quel poco di cervello che hanno non riesce a formulare un pensiero che possa essere espresso in parole - 27
- Sfortunatamente per noi sono pur essendo ombre hanno un notevole forza e usano armi reali affilattissime, si aggiunga che non usano il minimo riguardo nei nostri confronti -
- Nessuno d'altronde ha mai avuto riguardi nei confronti dei mostri, il peggiore razzismo è quello che passa per normalità, noi siamo fortemente discriminati, pur essendo una specie in via d'estinsione -27
- Devi sapere gentile lettore che nella Terra di Mezzo delle specie in via d'estinsione non gliene sbatte un benemerito... - 32
-Guerrieri prepotenti sbruffoni! - 11
- Ordunque noi altri ci ponemmo la questione: ma se per la maledizione in codest sperduta fortezza non può giungere alcuno, ma questi guerrieri...-
- Da chi c**** ci devono difendere? -
- Ohh, come parla bene e chiaro capo- 18
- Inizialmente tale era anche il nostro gravoso compito -16
- Essendo noi estremamente inteliggenti abbiamo capito che qui non può arrivare nessuno e abbiamo deciso di impiegare altrimenti il nostro prezioso tempo - 27
- Problema che qui no succede niente - 18
- Non so se si è capito che ci siamo fatti due palle planetarie - 32
- Per questo aperto blog - 11

Malus I, Tenebricus, 1.

venerdì 13 maggio 2011

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Un guerriero si staccò dal gruppo, si avvicinò a Desirée e le puntò contro un'alabarda, che non sembrava per niente irreale, anzi d’ottimo acciaio, le fece segno di seguirli. Desirée non ebbe scelta, tremante ed allo stremo delle forze, dovette andare con gli impalpabili guerrieri ombra.
Il tragitto da percorrere si rivelò molto più lungo di quanto avesse immaginato, le sembrò non avere fine. Era evidente che si trovava all’interno di una qualche antica costruzione che data l’altezza dei soffitti e l’estensione dei corridoi doveva essere di dimensioni gigantesche. Dopo avere risalito scale, che come un serpente si addentravano nel ventre del gigante di pietra, passarono per enormi sale deserte, spazzate solo dal vento che penetrava dalle alte finestre ogivali, il suo soffio incessante aveva imbiancato di sale la ruvida superficie della pietra, che alla luce ondeggiante della torcia si riverberava sui cristalli di sale, creando fantomatiche evanescenze conferendo ai massicci muri di pietra inquietanti dissolvenze spettrali. Tutto sembrava essere stato abbandonato da lungo tempo, ciò che mancava però per segnare il trascorrere del tempo era lo sporco, non c’era traccia di polvere o ragnatele, il ché,  se possibile, dava un senso di vuoto ancora più opprimente.
Desirée pensò di trovarsi in un complesso architettonico di stile gotico in evidente stato d’abbandono, non c’erano mobilio o altre suppellettili, le sale erano spoglie. Gli unici suoni percepibili erano il suo respiro affannato e i suoi passi, di tanto in tanto una raffica di vento più forte che faceva sbattere le imposte semi scardinate e chissà quali lontane porte, la cui eco si rincorreva incessante per l’edificio, non era facile capire dove avesse origine, era irreale.
Giunti in un ampio vano circolare, da sotto una porta laterale vide filtrare uno spiraglio di luce artificiale. Le ombre aprirono la porta e la introdussero in una stanza diversa dalle altre, nonostante l’altezza del soffitto, le pareti erano nascoste da scaffali straripanti di libri ed oggetti vari. Al centro su di un ripiano in pietra era poggiata una sfera di cristallo, che emanava una pallida luce, diversa da quella irrequieta e calda proveniente dal fuoco che ardeva nel grande camino alla sua sinistra.
Al suo arrivo la luce all’interno della stanza aumentò. Desirée scorse sulla destra, parzialmente nascosto dal bordo di una li­breria, un uomo seduto su una poltrona di pelle dallo schienale alto, indossava un lungo abito di velluto rosso scuro di foggia medievale e te­neva un libro aperto sulle ginocchia, lo chiuse lentamente e la osservò con attenzione.
« Accomodatevi Signora », disse infine, indicandole la poltrona accanto al fuoco, quasi di fronte alla sua. La voce era calma e di circostanza, ma lasciava trasparire un velo di minaccia, era freddo come il castello.
Desirée completamente intirizzita fu lieta di potersi sedere al caldo.
« Benvenuta, spero abbiate fatto un buon viaggio ».
« No, schifoso! Peggio è difficile, di merda! », rispose Desirée, stendendo le mani verso il fuoco, tentando di reprimere i brividi che la scuotevano visibilmente, non le piaceva tremare davanti a quell’individuo antipatico.
« Perdonatemi mia Signora, se non mi sono presentato prima, il mio nome è Malus l’albero del Sapere, Cignus, Mánihard, Figlio di Naglfari lo scuro Re della Notte e signore delle tenebre, sono il Principe della Notte, ultimo discendente della glo­riosa stirpe...» Desirée, cui il fuoco sembrava avere in breve tempo ridato energia, lo interruppe bruscamente.
« Sinceramente di questo non me ne frega assolutamente niente, e non ti permettere di chiamarmi tua signora! Non ti conosco e non ti voglio conoscere, voglio solo andare a casa! ».
« Desolato, ma purtroppo mia Signora temo di non potervi accontentare, inoltre ciò che ho intenzione di comunicarvi, credo sia d’impor­tanza vitale per voi », la corresse senza cercare di celare un tono di scherno. Desirée si volse verso il fuoco, mandandolo mentalmente a quel paese, troppo stanca per affrontare una lite con uno sconosciuto odioso.
« Dovete sapere che siete l’ultimo discendente dei nostri acerrimi ne­mici: i Rankarth, i grandi Maghi dell’estremo nord, lo Jõtunheimr. Costoro più di diecimila anni orsono distrussero il nostro regno, annullando i nostri poteri al di fuori di queste mura, all'interno delle quali ci rinchiusero, condannan­doci all’eterna solitudine ed al silenzio assoluto. Il nostro annienta­mento non li soddisfaceva a pieno, nella loro malvagità, vollero che continuassimo a vivere in eterno la nostra morte, estendendo la pena alle generazioni future. Per quanto mi concerne sto pagando una colpa di cui si è persa la memoria », a quelle ultima parole la voce pur restando cordiale vibrava scossa dall’odio.
« Beh, per quanto mi riguarda non ho mai sentito quel nome, inoltre i maghi esi­stono solo nelle fiabe, come gli elfi, gli gnomi e altre scemenze del genere. Vorrei solo capire che ci faccio in questo posto da incubo, è tutto così irreale che mi sta venendo l’emicrania », rispose senza nemmeno guardarlo allungando le mani verso il fuoco. Gli occhi violacei del Principe della Notte lampeggiavano di luce sadica, cominciava a divertirsi a fare il gioco del gatto col topo, si adagiò allo schienale soddisfatto.
« Tutte creature comuni in questo mondo, Signora, poiché per quanto vi possa dispiacere, stupire o sembrare impossibile, non siete più nel vostro mondo, ma in uno a questo paral­lelo.» La ragazza lo fissò un attimo perplessa, poi tornando a guardare il fuoco crepitare nel camino, replicò.
« Ridicolo, questa non è altro che un brutto scherzo di Sophie, deve avere organizzato il tutto col suo amico produttore cinematografico, che fa quei film inguardabili. Mica sono scema, non credo ad una parola di quello che hai detto ».
« Credere o non credere non cambia la realtà. Se non erro da voi la definiscono "altra dimensione". Da noi la scienza druidica è molto più avanzata e vede la teoria dei mondi paralleli quale assodata, benché il passaggio da un mondo all’altro sia possibile solo ai vati più esperti, come il sottoscritto. Vi trovate oltre i confini occidentali del Midgard, che da voi mi sembra chiamiate pittorescamente Terra di Mezzo, più precisamente nel castello chiamato dai nostri nemici Te­nebricus. Il suo vero nome è Nachtfels, la mia umile dimora, dalla quale voi non uscirete più, viva s' in­tende. Vi scon­siglio di dubitare delle mie parole, poiché, quale discen­den­te dei più potenti Signori della Notte, non mi sba­glio » poi con un sorriso maligno aggiunse: « Mai. Questa volta saranno i Rankarth ad essere scon­fitti, per quanto mordaci possano essere le vostre ultime parole, sono nient’altro che dei suoni, che saranno inghiottiti dalle te­nebre e dimenticati, come il vostro stesso nome e la vostra maledetta stirpe di carogne. Non rimarrà nemmeno l’eco del vostro nome », però Desirée sembrò non es­sersi impressionata più di tanto per le minacce, giocherellando con le dita tra le fiamme del camino, ribatté irriverente.
« Gli ha dato di volta quel po’ di cervello che ha. Mio affabile sovrano, non dimenticate che le parole sono l’arma più pericolosa e potente data all’uomo, e poi, sai che soddisfazione ammaz­zarmi per rimanere chiuso qua dentro in eterno, non è che per caso la solitudine ti ha rincretinito? »
« Mors tua, vita mea. Sono occorsi secoli ed infinite ore di ricerche, ma in fine siamo riusciti a scoprire la via per annullare la maledizione ».
« Davvero? E sarebbe? », rispose, alquanto scettica sul fatto che uno dei suoi, sia pure ipotetici antenati, avesse potuto commet­tere un errore in una que­stione di prima importanza. Si sedette più comodamente per potere ascoltare meglio, intanto che il Principe della Notte parlando si aggi­rava nella stanza.
« Per sconfiggere le allora immani forze delle tenebre fu forgia­ta nelle terre del Nord una spada, solo la vista della quale era sufficiente ad annientare interi eserciti...» Fu nuovamente interrotto.

Malus I, Segreti in cantina, 8.

mercoledì 11 maggio 2011

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« Male­dizione! Mi mancava solo questo », presa da un attacco di panico, cercò freneticamente di riaccenderla senza riuscirci. Si guardò intorno impaurita, era tutto buio, spinta dalla necessità e dalla paura proseguì lo stesso, raggiungendo in pochi minuti e senza ulteriori pro­blemi l’esterno dell’edificio. Una volta fuori da quelle spaventose rovine si sentì più tranquilla e si diresse verso il sentiero in terra battuta dal quale erano venute.
Dopo qualche passo però, insospettita, si fermò ad ascoltare, non si per­cepiva più al­cun rumore. Il vento, che aveva sospinto così velocemente le nubi a rico­prire la Luna, adesso si era placato, non si udiva più nulla, il silenzio era inquietante. Si guardò attorno, scrutò attentamente l’ombra nera proiettata dalle mura, le parve di scorgere qualcosa, aguzzò lo sguardo senza riu­scire ad individuare niente, pur riuscendo a vedere attraverso l’oscurità.
Udì uno scricchiolio alle sue spalle, si voltò di scatto e vide dinanzi a sé dei minacciosi occhi verdi fosforescenti, tentò di indietreggia­re, ma qualcosa di gelido l'afferrò alla gola e le coprì la bocca, il buio divenne totale.






Tenebricus


L’oscurità era profonda, pesante come il silenzio che la circondava. Desirée tremava, i vestiti erano bagnatici, non riusciva nemmeno a vedere se stessa, si era rannicchiata in un angolo tentando di evi­tare il contatto con le pareti umide e fredde. L’aria puzzava di muffa ed era irrespi­rabile. Si fece coraggio e chiamò a bassa voce.
« Sophie, Gaby, ci siete? » Non ebbe risposta, era pervasa da brividi di freddo e forse anche di paura, non riusciva a capire che co­sa le fosse accaduto e dove si trovasse. Tastando accanto a sé trovò lo zainetto, tremante lo aprì alla ricerca della torcia, la trovò, ma non funzionava. Con un sussulto di gioia però individuò il cellulare, lo prese, non aveva campo, ma con la pallida luce del display esplorò quella che si rivelò essere una piccola cella con una massiccia porta di ferro come unica apertura. L’angoscia crebbe, non riusciva proprio a capire cosa fosse successo, dove era?
Erano trascorsi alcuni minuti dal suo risveglio, un penetrante cigolio l’avvertì che la pesante porta di ferro veniva aperta raschiando il pavimento, a poca distanza da lei appar­vero alcuni esseri dagli occhi verde fosforescente. Accesero una torcia di legno e resina, illuminando il piccolo vano ed anche se stessi, mostrando ciò che pareva impossi­bile: il loro corpo era costituito da una densa ombra che aveva la forma di un massiccio guerriero medievale in armatura, l’unica cosa che sembrava materiale erano gl’inquietanti occhi che spicca­vano da sotto l´elmo.

Malus I, Segreti in cantina ,7.

lunedì 9 maggio 2011

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« Adesso che siamo qui, vediamo di capirci qualcosa. Gaby prendi il foglietto », disse Sophie a Gaby, che stava già frugando nelle proprie tasche.
« Ecco qua », disse spiegando il foglio, mentre Desirée faceva lu­ce.
« Come vedete non è un semplice testo, ma una successione di quattro frasi, che hanno tutta l’aria d’essere indovinelli. Nel secondo brano si trova il nome di questo posto, sembra evidente che chi l' ha scritto non voleva essere capito da chiunque, ma solo da chi possiede la chiave di lettura di questo rebus. Destinatario che ovviamente non siamo noi, altrimenti avremmo saputo in che modo interpretare il tutto, perché non si manda un messag­gio segreto a qualcuno, se questi non è in grado di ca­pirlo. Tecnicamente si dice che ci manca la chiave di decodificazione ».
« Probabilmente la soluzione del messaggio si trova nelle risposte degli indovinelli che dovrebbero costituire una frase », arguì Sophie.
« Sinceramente credo di no Sophie, piuttosto penso che sia un volu­to depistaggio, altrimenti uno degli indovinelli non avrebbe contenuto il nome di un luogo realmente esistente. La soluzione è ben nascosta all’in­terno di queste frasi ».
« La terza allora dovrebbe contenere un’indicazione più precisa su cosa cercare. Il bello è che siamo qua senza nemmeno avere un’idea di quello che stiamo cercando ».
« Purtroppo Sophie, Gaby ha tradotto solo le prime sei righe, forse siamo state un tantino precipitose a venire subito a vedere».
« Pensa, se ci fosse un tesoro e qualcuno arrivasse prima di noi », aggiunse Sophie.
« Dato che l’ultima volta è stato abbandonato voluta­mente e con tutta calma, non penso che abbiano lasciato qual­cosa di prezioso.»  Osservò Gaby oltrepassando i resti del portale ed inoltrandosi cautamente all’in­terno, seguendo Falstaff che sembrava avere intuito la loro meta e correva avanti.
« Perché ti avventuri là dentro, se non sai nemmeno cosa stai cercando? » le gridò dietro Sophie.
« Il testo fa evidentemente riferimento a qualcosa di germanico o celtico sicuramente non cristiano, tipo gli occhi rossi che abbiamo visto, quindi essendo abitudine della Chiesa dei primi secoli erigere chiese in luo­ghi sacri alle di­vinità pagane, allo scopo di sostituire nella memoria popolare un culto pagano con uno cristiano e per esorcizzare il potere malefico delle divinità con la presenza santa della chiesa, dobbiamo cercare questo qualcosa nel posto più sacro dell’edifi­cio.  Semplice! », urlò Gaby alle altre due che erano rimaste indietro e alle quali quel ragionamento non sembrava poi tanto semplice.
Incespicando tra le macerie e facendosi largo tra i rovi raggiunsero in­fine la zona absidale, della quale rimaneva solo la parete di fondo, che s’innalzava dietro un consistente ammasso di macerie.
« Fantastico, adesso che ci siamo, che ci aspettiamo di tro­vare », commentò pensierosa Sophie guardando perplessa la distesa di macerie che aveva dinnanzi e che le sembrava quanto di più insignificante potesse esserci.
« No, ma qualche indizio forse », rispose Gaby guardandosi intorno, senza sapere che fare o da dove cominciare.
« Doveva essere molto bella una volta » considerò Desirée illu­minando con la torcia quanto restava delle alte finestre dell’abside. Intanto si stava alzando un vento fresco che muovendo rovi ed arbusti conferiva al luogo sembianze sinistre. Desirée corrugò la fronte e sembrò annusare l’aria, si guardò intorno illuminando i ruderi e dopo poco esclamò.
« Guardate! Quella fessura, potrebbe dare accesso alla cripta ».
In basso alla loro destra, in effetti, si apriva una fessura parzialmente ostruita dai resti di un pilastro caduto, sembrava essere stata messa in vista da un re­cente crollo, era larga appena quanto bastava per permettere il passaggio di una persona.
« Vai avanti tu Gaby, che sei più piccola », suggerì prudentemente Sophie, Gaby senza riflettere troppo sulla proposta vi s’infilò con agi­lità felina seguita da Falstaff, dopo un po' la udirono gridare.
« Qua dentro è tutto ancora in perfetto stato di conservazione, è fantastico. Ve­nite a vedere! ».
« E... il soffitto com’ è, pericolante per caso? » s’informò Desirée.
« No, dai venite! Che avete paura?»
« Bisogna tenere presente che la ragazza è un tantino in­cosciente », avvertì Desirée, Sophie la guardò per un attimo titubante, dicendo infine risoluta.
« Andiamo », e si calò anch' essa nell’aper­tura, lasciando Desirée sola a decidere se seguirle o No.
Intanto il vento era aumentato d’intensità, nubi scure si stavano ad­densando sopra di loro, si preparava un temporale. Desirée impensierita alzò lo sguardo e si guardò intorno, le forme e i movimenti delle nuvole le parvero celare qualcosa d’inquietante.
Un brivido le passò la schiena, all'improvviso senza capire perché ebbe paura, fece per seguire le amiche per sfuggire alla solitudine, ma la prudenza la trattenne, scrutò ancora l’interno che appariva sinistro e chia­mò.
« Sophie, Gaby, siete lì? Rispondete! » Non ottenne alcuna rispo­sta, né udì alcun rumore, « Smettetela di fare stupidi scherzi e venite fuori! Sta per piovere. Ehi! Mi avete sentito? ».
 Le rispose solo una fioca eco coperta dalle raffiche di vento che aumentava d’intensità e agitava in repentine ondate i rovi pendenti dalle rovine come tante scarne braccia protese verso di lei.
L’essere rimasta sola in quel luogo le metteva ansia, s’allontanò dall’apertura che le appariva minacciosa, dirigendosi verso un punto più alto, sgombro dalle macerie che le offriva una visuale più ampia. Le nubi stavano coprendo la Luna.
« Dunque », si disse « Non bisogna farsi prendere dal panico, an­che se, data la situazione, potrebbe essere giustificato. A tutto vi è una spiegazione razio­nale e logica: potrebbero avere trovato un'altra uscita ed essere già tornate alla macchina. Deve essere così, come ho fatto a non pensarci prima ». Rincuorata, saltò giù dalle macerie e si diresse in fretta verso la sua destra, dove un crollo aveva aperto una breccia nella parete esterna della chiesa. A metà tragitto, si spense la torcia elettrica.

Frase bella 1.

domenica 8 maggio 2011

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Caro lettore CIAO!

Oggi abbiamo deciso di iniziare col proporre dei consigli di vita tratti dalla nostra ancestrale saggezza sintetizzata in rare e preziose perle di saggezza appunto.
- Capo ripetizione no bella -
- Non me ne fot.. un..  cioè siamo qui per la perla di saggezza -

Ecco la frase bella:

Per capire il mondo basta guardalo dalla giusta angolazione, di cui proponiamo una foto.


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Malus I. Segreti in cantina 6,

sabato 7 maggio 2011

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Tempo due giorni come promesso Gaby era riuscita a decifrare parte del testo e ad individuare una parola che sembrava essere il toponimo di un luogo non molto distante dalla loro cittadina, così decisero di andarlo ad ispezionare al più presto.
« Eccoci arrivati, con la macchina non possiamo andare oltre », disse Sophie, accostando lo spiderino ai bordi della strada in terra battuta. Gaby era seduta dietro insieme a Falstaff, le braccia incrociate sul petto per sottolineare il malumore che il broncio sembrava non esprimere a sufficienza.
« Mi è perfettamente chiaro, che una volta scoperto che nel messaggio è menzionato l’antico nome del mona­stero di Seelamp, voi voleste andarci. La colpa è mia che ve l’ho detto, ma non capisco per­ché questo non potevamo farlo di giorno alla luce del Sole? ».
« Prima avevamo da fare, siamo personcine molto impegnate », controbatté Sophie aprendole la portiera.
« Tra l’altro per quell’essere con gli occhi rossi sembra non esserci molta differenza tra giorno e notte, dato che è venuto a trovarci di mattina. L’unica cosa su cui avrei da ridire io, è che potevamo tirare giù la cappotta, sono appena stata dal parrucchiere e voi sapete quanto detesti andarci », aggiunse Desirée, metten­dosi sulle spalle lo zaino, ma Gaby insisteva.
« Si tratta di una struttura abbandonata e comunque il tuo parrucchiere non è un granché ».
« Bella forza, se ci fossero ancora i monaci, complessati come sono, credi che permetterebbero a tre graziose ragazze di venire a curio­sare nel cuore della notte? » Le fece notare Sophie, sbat­tendo la portiera della macchina, esasperata dai discorsi che aveva dovuto ascoltare durante tutto il tragitto e rivolta a Desirée aggiunse « Si risparmia su tutto, ma non sul parrucchiere, sembra che tu odi i tuoi capelli, eppure sono così belli e folti »..
« Ma… è abbandonato proprio perché porta male » ribatté Gaby.
« Andiamo, tanto, se la conosco bene, prima che avremo raggiunto il monastero ci avrà raccontato tutti i fat­tacci ri­guardanti questo posto, in modo da potere condivi­dere con noi la sua paura, ci vuole spaventare. Per il momento l’unica cosa che potrebbe spaventarmi è dovere tornare dal parrucchiere, è un po’ come andare dal dentista » disse scherzosa­mente Desirée, avviandosi lungo la strada che s’inoltrava nel bosco, dove già scorazzava allegramente Falstaff annusando eccitato l’aria della sera. « E comunque quel poveraccio del mio parrucchiere ha fatto quel che poteva, doveva tagliare via tutte le ciocche bruciacchiate »
« Ah, quindi quel taglio non è una cosa voluta?  Meno male, non avevo detto niente temendo che fosse un ritorno al tuo passato » commentò con un sospiro di sollievo Sophie.
« L’umidità te li sta incurvando in modo strano » disse Gaby osservandoli da vicino.
« Sì, lo so tra poco avrò l’aspetto di un cartone animato giapponese » piagnucolò lamentosa Desirée e per distrarre le amiche dalla sua capigliatura ribelle, incitò Gaby a raccontare delle sue scoperte.
« Fu fondato intorno al nono - decimo secolo, pare su resti di un santuario pagano, come sapete in queste zone il paganesimo sopravvisse a lungo ... ».
« Finora l’unica cosa eccezionale è il sottomarino in cantina », forse Sophie aveva preso male la questione della cantina.
« Fu saccheggiato e tutti i monaci trucidati dai Nor­manni ».
« Sì, ma non bisogna prendersela personalmente, quelli massacravano tutti indistintamente, erano fatti così non c’era cattiveria », commentò Desirée sostenuta da Sophie che aggiunse
« Non mi toccate i Normanni! Se non avessero invaso queste zone probabilmente non sarei stata così alta e bion­da, ma sarei stata ...» Stava per dire celta e bassa, ma guardò Gaby e preferì non proseguire per la propria incolumità, intanto Desirée stava ridendo di gusto, sapendo che osservazioni così pro­fane mandavano in bestia la piccola furia rossa sinceramente legata alle proprie ideologie progressiste.
« Che egoismo, solo perché tu mille anni dopo...».
« Dai continua », l'interruppe Desirée, onde evitare un’ulteriore battibecco. Gaby sbuffò seccata e proseguì col racconto.
« Tra saccheggi ed incendi di varia origine è stato di­strutto tanto spesso che nel quattordicesimo secolo è stato abbandonato definitivamen­te. Eccolo! », esclamò indicando oltre gli alberi del bosco una massa scura dai contorni irregolari che si stagliava contro il cielo grigio tenuemente illuminato dalla pallida notte. Tutt’intorno c’era un desolato piano erboso, spazzato dal vento che giungeva fin lì dal vicino mare.
« Non finisce qui, tutti coloro che da allora hanno com­prato il terreno sono finiti male ».
« E lo credo, bisogna essere fessi a comprarsi una landa desertica come questa, che reddito potrà mai avere, che cosa può produrre? Guarda un po' che terra, c' è da stupirsi che ri­e­sca a crescere l’erba. » Disse So­phie dando un calcio a una zolla sassosa.
« Voi state cercando di farmi credere d’essere l’unica ad avere paura, ma la verità è che voi non avete nemmeno il coraggio di ammetter­lo, invece, quando siete sole la sera guardate sotto il letto per paura che vi sia un mostro ».
« Io non ho mai negato di guardare sotto il letto ... e saltuariamente in qualche altro posto, dipende », ammise Sophie, ma Desirée la schernì con una sonora risata, ag­giungendo con aria superiore.
« A me non verrebbe mai in mente di guardare sotto il letto ».
« Per forza: ci sono i cassetti! Non c’è posto nem­meno per un mostro nano.» Intervenne Gaby ridendo, mentre Sophie coglieva l’occasione per chiedere.
« Desirée, ma a casa tua, ai tempi in cui era ancora una locanda, non è stato commesso uno di quei delitti famosi? Non avete i fantasmi?».
« No, è accaduto in una piccola bettola ai piedi della collina, credo che sia stata uccisa una contessa fuggita con l’amante. Una di quelle storie torbide, che nes­suno riesce a capire proprio perché torbide. La bettola fu trasformata in stalla. Un mio antenato ha solo com­prato l’insegna e l’ha attaccata da­vanti a casa nostra, sapessi i soldi che si è fatto, la gente veniva da tutta la Francia per sentire la storia della contes­sa, ovviamente un po' impreziosita. »
« Ma… scusa, la gente del posto sapeva che non era la locanda originale », obiettò Sophie.
« Sai come sono da queste parti, la birra era buona e la pubblicità è l’anima del commercio, e poi già allora era una copertura », spiegò Desirée.
« Tanto qualche decennio dopo hanno preso a tagliare la testa a tutti quei bastardi nobili », si sfogava Gaby.
« Altra occasione in cui può risultare redditizio avere una locanda un po' nascosta vicino al mare » si vantò Desirée, mentre Gaby rimarcava la sua osservazione con un « Altroché, i suoi antenati avevano la locanda, i miei le barche da pesca per liberare la Francia dai nobili e spedirli in Inghilterra ».
Chiacchierando avevano quasi raggiunto i ruderi del monastero, adesso si vedeva bene una parte più mal ri­dotta: costituita da di­versi piccoli edifici, che in tempi lontani erano stati un monastero, addossati ad una struttura più imponente ed in parte anche meglio conservata, che dalla forma della facciata non poteva essere altro che la chiesa abbaziale.
Giunte sulla soglia, di quella che era stata una chiesa, rimasero però un po' deluse: il soffitto era completamente crollato, tra­scinando con sé gran parte dei colonnati e delle pareti laterali. L’interno era ingombro da grosse parti di muratura e colonne divelte, c’erano vistose brecce anche lungo le pareti laterali. L’unica zona che riusciva ancora a tenere testa all’impetuoso vento del mare, era il muro di fondo del coro.
« Qua ci cade qualcosa in testa ragazze», osservò preoccupata Desirée, ispezionando con la torcia elettrica l’interno dell’edificio.

Malus I, Segreti in cantina, 5.

giovedì 5 maggio 2011

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« Bene », un altro tocco e stampò su carta alcune righe.
Nel frattempo erano tornate le altre due.
« È tornato? », domandò Gaby affacciandosi dal basso.
« No, ma ho scoperto che ha lasciato delle tracce nella memoria, sono riuscita a stamparle, però non riesco assolu­tamente a capire di che co­sa si tratta. Aspetta arrivo » disse porgendole il foglio ed apprestandosi a scendere. Gaby prese a studiarlo con grande interesse.
« Sono rune? » domandò Sophie, ma Gaby scosse la testa meditabonda.
« No, una variante depravata dell’alfabeto latino, comun­que dalla co­struzione delle frasi non si direbbe nemmeno una lingua ger­manica, sembrerebbe quasi che qualcuno abbia trascritto in germanico un testo di un’altra lingua, usando questi caratteri abnormi ».
« In altre parole, non c’è speranza ».
« No Sophie, è solo più complesso del previsto, non c’è testo che regga al mio attacco».
« Quanto tempo pensi ti occorrerà per decifrarlo? » s'informò Desirée.
« Domani vado all'università e faccio un salto in biblioteca, forse trovo qualcuno che mi può dare una mano, comunque per capire quello che c'è scritto, senza attendere una traduzione precisa, credo non ci vorranno più di due giorni. »
« E la parola che lampeggiava, non hai idea che significa­to possa avere? », domandò Desirée.
« È proprio quella che mi lascia alquanto perplessa, si tratta di una definizione nordica per indicare i draghi, signi­fica qualcosa di simile a volato­re della penombra o colui che vola nella penombra, Penumbra e curiosamente c´é anche la stessa parola latina, vede qui: Penumbra, scritto a chiare lettere. Spero solo che il re­stante testo non sia nello stesso stile ».
« Un intero testo è sempre meglio di una singola parola, forse riusciamo a fare qualche passo avanti », osservò Sophie speranzosa.
« Vuoi vedere come c’immergiamo? » domandò Desirée cambiando argomento.
« No, No, ferme! Non fate scherzi. Posso guardare dal periscopio? Ho sempre sognato di farlo », Desirée ridacchiò.
« Non ti spaventare, per muovere questo coso serve un equipaggio per di più in gamba altrimenti sono guai ».
Fecero scendere il periscopio da combattimento e le permisero di guardarci dentro girandolo in tutte le direzioni.
« Vi chiedo scusa, questo è un giocattolo bellissimo ». Le altre due sorrisero felici come per dire “ te l’avevamo detto”.
L’interesse di Sophie per l’U-Boot e l’orgoglio di Gaby e Desirée nel mostrarglielo, fecero presto dimenticare i misteriosi messaggi e le apprensioni che avevano creato, solo abbandonando il ponte di comando Gaby notò, accanto alla poltrona sulla quale era stata seduta Desirée, inciso il nome del nonno W.H. von Drachenhof, anche il suo nome aveva a che fare con i draghi, e l’attuale cognome di Desirée de la Cour du Dracon non era altro che la traduzione in francese, scosse le spalle, coincidenze.
« Ma perché, se tutti i vostri discorsi sulla libertà sono veri, non togliete quella gigantesca svastica dal sommergibile? Fa un po’ impressione », osservò Sophie uscendo dalla torretta mentre lasciavano l’U-Boot.
« U-Boot prego. Beh sai… se qualcuno ci dovesse avvistare e dicesse di avere visto un U-Boot nazista lo ricoverano in neurologia. Tra l’altro abbiamo provato a nascondere le svastiche con una rosa bianca* che io c’ ho attaccato sopra, ma si stacca sempre. Gaby ne ha ordinata una nuova che speriamo sia più resistente ».
« Che cavolo di vernici usavano all’epoca! Non vanno via in nessun modo, accidenti a loro », protestò Gaby, alla quale quei segni provocavano un sincero mal di stomaco.
« Capito, ma che ci fate con un sommergibile? »
« Noi qualche passeggiata, vuoi mettere un U-Boot con una barchetta a vela o un banalissimo surf », disse ridendo Desirée, mentre Gaby con un po’ di vergogna tentava di giustificarsi.
« Potrebbe sembrare snobismo intellettuale, ma ci piace differenziarci dai cult dei consumi di massa compresi quelli elitari di sinistra. Ti prego di non pensare che sia per la sensazione di potere che potrebbe dare il girare su un U-Boot, tu sai che io sono una convinta pacifista ».
« E se qualcuno vi dovesse dire qualcosa? »
« Si becca un bel siluro, perché anche di quelli ho una notevole scorta da smaltire, tutto quest’esplosivo sotto casa mi da decisamente fastidio, metti una frana, un qualcosa del genere, e qui salta in aria tutto », disse Desirée francamente seccata.
« E se doveste incontrare un sommergibile atomico sovietico o americano, come dicono nei film Classe quello, Classe quell’altro? ». Gaby stava per rispondere, ma Desirée le tolse la parola ed allargando le braccia in un gesto di fatalità ammise.
« Sono cavoli amari ».
« Ma è un lupo grigio » protestò Gaby, che ancora una volta stava sbagliando schieramento ma Desirée le fece notare.
« Sì, ma per restare nel regno animale: è una lumaca. Gli altri in immersione vanno alla stessa velocità di noi in emersione, sempre se ci va bene, per non parlare dei siluri intelligenti che una volta che ti hanno agganciato ti seguono fino a casa e suonano il campanello per stanarti. Porca miseriaccia, mi fanno proprio… ».
« Come avete fatto finora? »
« Furbizia. Siamo sempre riusciti a far credere d’essere qualcun altro, per fortuna Russi e Americani non si parlano molto ».
« Più che furbi, siamo fortunati », puntualizzò Desirée.
« Dite le verità, gli ideali non c’entrano niente, qui se lo sono tenuto semplicemente perché piace », concluse Sophie, le altre due ammiccarono con un sorriso.
Ferme sulla banchina ammirarono il loro U-Boot, sperando in cuor loro che la fortuna non le avrebbe abbandonate e che come l’ultimo esemplare di una rara specie animale, il loro lupo grigio sarebbe riuscito a sfuggire all’uomo moderno e a salvarsi dal gelo della guerra fredda ancora in atto.


* La rosa bianca era l’emblema della lotta studentesca tedesca contro il nazionalsocialismo.