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03/2012

Riflessioni, Alda Merini

venerdì 23 marzo 2012

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La Gente quando non capisce, inventa.
Questo è pericoloso


Riflessioni politiche

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riflessioni

mercoledì 21 marzo 2012

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Galileo e l'infinito: la maestria di Archimede

giovedì 15 marzo 2012

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Gentili Lettori, riprendiamo col raccontarvi di come due giganti della scienza affrontarono uno degli argomenti più difficili della scienza stessa: l’infinito.
Le volte passate abbiamo visto come Galileo nello studio dell’infinito, pur avendo raggiunto risultati epocali, non si sia spinto oltre un certo punto, pare volesse scrivere un libro sull’infinito, ma non lo fece.
Galileo aveva superato il millenario ostacolo dell’infinito in atto, ideato da Aristotele, era riuscito a dimostrare che l’infinito più essere uguale ad una sua parte, risultati straordinari per i suoi tempi.
Ma… vediamo cosa aveva fatto nel III sec. a.C. Archimede. Per correttezza dobbiamo ammettere che noi oggi ne sappiamo di più, non perché oggi siamo più furbi di Galileo e capiamo di più, la mente umana è sempre la stessa, ma perché 1899 è stato ritrovato uno scritto archimedeo che si credeva perduto, come molti altri scritti dell’antichità ne conoscevamo l’esistenza (sapevano solo titolo), ma non avevamo l’opera. Si tratta del Metodo meccanico ad Eratostene. Quest’ultimo è colui che per primo calcolò l’asse terrestre, amico di Archimede.
In passato alcuni tra il più acuti matematici avevano intuito l’esistenza di procedimenti infinitesimali all’interno della matematica archimedea, perché traspaiono a tratti nelle altre opere superstiti, ma nessuno aveva potuto immaginare ciò che conteneva il Metodo meccanico.
Il codice contenente il Metodo di Archimede andò di nuovo perduto, come in un thriller, se ne persero le tracce. Nel 1998 il Palinsesto contenente il Metodo Meccanico di Archimede riappare improvvisamente, veduto all’asta da Christie’s e viene acquistato da un anonimo che permette nuovi studi sul testo con strumentazione d’avanguardia. Per inciso gli stranieri si stupiscono che lo Stato Italiano non si sia nemmeno presentato all’asta per uno dei massimi capolavori della scienza mondiale, il ché dice molto sui nostri governanti, non penso sia costato molto di più dei nostri cantanti o giornalisti televisivi strapagati.
Torniamo al palinsesto, era già stato pubblicato da Heiberg nel 1906, il quale però aveva eccessivamente integrato il testo superstite, in altre parole aveva molto professionalmente riscritto interi passaggi, il nostro autore, che è di natura molto distratta e non aveva fatto caso alle tante virgolette, se ne è accorto perché leggendo un teorema, gli è sembrato di averlo già letto, allora s’è degnato di guardare un po’ meglio e ha visto che di originale c’era una parola all’inizio della pagina e una in fondo, tutto il resto era stato aggiunto ripetendo parti di altri teoremi, cosa che Archimede non fa, non si ripete, quando usa gli stessi procedimenti già applicati, o lo dice espressamente o diventa estremamente conciso nella spiegazione. Il nostro autore ha avuto bisogno di un po’ per calmarsi.
È stata proprio una più accurata indagine sui resti di uno dei teoremi mal conservati a presentare la sorpresa: l’incredibile era contenuto nella proposizione 14, che vedremo la prossima volta

Ciao a Tutti

Citazioni Martin Luther King

mercoledì 14 marzo 2012

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Malus I. Penumbra, 1.

venerdì 9 marzo 2012

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Penumbra




Sfinito dalla malattia e bagnato di sudore, il Principe della Notte cadde in un profondo sonno, senza potersi accorgere dei temibili occhi rossi che lo fissavano da breve distanza. Le ore passavano lente come il movimento delle stelle sulla volta celeste.
Improvvisamente si svegliò col cuore pietrificato dalla paura, aveva di nuovo sognato Desirée, questa volta, però non era un bianco agnello sacrificale, vestiva interamente di rosso era bella come il peccato, lo fis­sava con occhi saturi d’odio. Le avrebbe voluto parlare, ma la sua immagine, madida di sensualità, era velata dalle fiamme, lontana e sorda, la vide muoversi nuda, sembrava danzare, sinuosa come le lingue di fuoco immateriale, per spegnersi improvvisamente nascosta dall’oscurità.

Una volta sveglio, si rese conto che non c’era niente di anomalo, era solo nella stanza, tutto era tranquillo, aveva solo sognato.



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In biblioteca una figura scura aveva trovato ciò che cercava: il libro, lo stava sfogliando al buio, lo richiuse, stringendolo tra le mani, vi alitò sopra ed il volume cadde in cenere al suolo, soffiò nuovamente e la cenere si confuse con la polvere dei libri. Con occhi di fuoco riprese a cercare… un altro libro, poche pagine, il silenzio.


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Galileo / Archimede, perché l’infinito.

giovedì 1 marzo 2012

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Abbiamo pensato che prima di proseguire con l’infinito archimedeo dove le cose si complicano, sia meglio spiegare il perché di tanta tensione intorno a quest’idea ed il motivo della sua importanza, o almeno ci vorremmo provare.
Pur essendo un concetto che si potrebbe sembrare astratto, l’infinito è molto importante da un punto di vista pratico: ci serve nella vita quotidiana.
L’infinito ha due direzioni nelle quali creare problemi agli studiosi: verso il macro, il grande, si arriva quindi alla questione dell’universo infinito, e verso il piccolo, che in matematica significa la divisibilità della retta (una grandezza, per usare la terminologia della matematica classica, dove una grandezza può essere qualsiasi elemento geometrico, in Archimede anche il tempo).
Come detto, non si tratta di vezzi accademici, o della curiosità di alcuni matematici dell’antichità, che non avendo niente di meglio da fare, si chiesero come dividere un segmento. La questione è ben più complessa, nacque con i pitagorici e si impose come grave necessità nel momento in cui si giunse alla razionalizzazione della geometria per cui alcuni matematici e filosofi come Parmenide, Zenone e Democrito cominciarono ad intendere le figure geometriche come composte da una quantità infinità di elementi, quindi non solo avevano bisogno dell’infinito per potere lavorare, ma di una matematica dell’infinito che permettesse di gestire i rapporti tra  figure geometriche, per questo motivo Eudosso e Archimede, che furono tra il risolutori del problema, vengono definiti i padri del calcolo infinitesimale.
Il difficile problema dell’infinita divisibilità della retta, noto anche come il Continuo, impegnò alcune delle più eccellenti menti matematiche della storia, trovò una soluzione definitiva, a tutt’oggi valida, nella cosiddetta teoria delle proporzioni, nota anche come assioma di Archimede, che nella sua versione eudossiana costituisce la base della moderna definizione di numero.
Facciamo una breve e molto sommaria escursione nella teoria delle proporzioni, così capiremo anche perché a Galileo interessava l’infinito.
La teoria delle proporzioni non raggiunge una conclusione unitaria, ma sfaccettata. Il nucleo originale, di cui l’assioma di Archimede  costituisce un ulteriore raffinamento, in base alla testimonianza dello stesso Archimede sembra doversi attribuire ad Eudosso di Cnido, allievo del pitagorico Archita di Taranto, ed afferma:
Date due grandezze disuguali non nulle, la minore sommata a se stessa un numero sufficiente di volte, finirà col superare la maggiore”,
Di maggiore successo fu la versione di Euclide più generale e quindi di facile applicazione, conservata in Elementi V.5, un capolavoro sia filosofico che logico/scientifico del pensiero Occidentale.
La teoria delle proporzioni nelle sue diverse sfaccettature e spesso usata nei teoremi archimedei ed è anche  alla base delle leggi sul moto uniforme, elaborate da Archimede nello studio sulle spirali, dove la stessa spirale è una curva che ruota sul proprio asse secondo un determinata proporzione estendendosi all’infinito. La prima proposizione delle Spirali afferma:
Se un punto si sposta con velocità uniforme su una linea e su questa linea si prendono due segmenti, i segmenti presi hanno tra loro lo stesso rapporto che i tempi impiegati dal punto per precorrerli”.
 Impossibile concepire o elaborare il moto senza una teoria che regoli il rapporto tra due o più grandezze (rette) e la loro divisibilità. Fu quindi la maturità raggiunta dalla matematica del suo tempo che permise ad Archimede di concepire uno studio così complesso come quello sulle spirali.
Similmente anche Galileo, si interessò alla teoria delle proporzioni per elaborare le leggi sul moto, solo che qui subentra, come ha notato Frajese, una piccola variante tra maestro e allievo, sembra infatti che Archimede, nel caso specifico delle leggi sul moto, abbia fatto ricorso non al suo assioma, bensì alla più antica versione eudossiana, mentre Galileo usa quella euclidea. Lo sforzo scientifico maggiore in questo caso fu però di Galileo, che essendo ancora legato a una concezione platonica della matematica, aveva difficoltà a comprendere a fondo la teoria delle proporzioni, ciò nonostante riuscì a sviluppare le leggi sul moto.
Con questo speriamo di essere riusciti a dare uno stralcio del perché lo studio sull’infinito è stato così importante nella storia dell’uomo, e del perché se noi oggi riusciamo a calcolare il movimento, il ché significa fare muovere gli oggetti e noi stessi, lo dobbiamo agli scienziati che più di 2500 anni fa, hanno gettato le basi della nostra scienza, e lo hanno fatto così bene che regge tutt’ora in modo mirabile; se non si arrivò prima ad ottenere i risultati che abbiamo oggi, è perché purtroppo ben presto comparvero filosofie come lo scetticismo che tolsero credibilità al procedimento scientifico, guerre e sete di potere fecero il resto. Il sapere umano nonostante tutto è un fiore estremamente delicato e labile, ancora oggi, nonostante internet.